Nuvole in scatola
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C'è qualcosa che scatta in noi, lettori voraci, dal momento che i nostri figli iniziano la primaria. Li vorremmo subito vedere con un libro in mano, magari uno dei classici che abbiamo amato da piccoli, a fare le ore piccole accendendo di nascosto una lucina in camera, proprio come facevamo noi.

La realtà spesso è ben diversa, per una serie di ragioni che comprendono il cambiamento generazionale, ma forse anche la nostra scarsa memoria: siamo sicuri che da piccoli, appena dopo aver imparato l'abc, fossimo subito partiti ad affrontare Ventimila leghe sotto i mari?


Se è vero che esistono bambini da subito curiosi e motivati alla lettura autonoma, sono probabilmente più diffusi quelli che vanno stimolati un po', attraverso la scelta di argomenti da cui sono attratti, ma anche di modalità di lettura che accompagnino verso il romanzo in modo leggero e semplificato.

Olga e la creatura senza nome di Elisa Gravel, una delle più recenti uscite di Terre di Mezzo editore, si colloca esattamente nella categoria dei libri di transizione tra l'albo illustrato e il romanzo.
L'aspetto materiale è quello di un libro "serio": copertina rigida, un bello spessore (180 pagine), ma l'uso di fumetti, colori, disegni e didascalie fa capire fin dalla copertina che siamo di fronte a una lettura leggera e semplificata.


All'interno, i blocchi di testo non superano mai la mezza pagina. Protagoniste sono le immagini, ricchissime di "appunti" sparsi: Olga e la creatura senza nomesi presenta infatti come un quaderno di osservazioni, quello di Olga, appunto.
Olga è una ragazzina curiosa, con un animo da scienziata e una grande passione per gli animali, come si capisce bene anche dalla sua stanza.


Le sue osservazioni sono più umoristiche che scientifiche. Con un candore bambino ci spiega ad esempio perché gli animali sono quasi sempre migliori degli umani, dato che molte cose carine che fanno non sarebbero affatto tali se a farle fossero degli uomini: che cose pensereste di un umano che annusa il sedere a un altro umano?


In un tipico spirito preadolescente, Olga ama gli animali anche perché non sempre riesce a capire gli esseri umani, o ad andarci d'accordo. Meglio allora rifugiarsi nel proprio mondo e nelle proprie osservazioni.

Un giorno, osservando e catalogando le sue scoperte, Olga incontra una "cosa", un animale decisamente bizzarro, che non ha un buon odore, ma sembra inoffensivo e le si affeziona presto.
Olga già si immagina grandi riconoscimenti per questa scoperta: "Meh" (così chiamato perché questo è il suo verso) appartiene a una specie nuova, che lei battezza "Olgamus Ridiculus", a causa del suo aspetto.
Fa una cacca color arcobaleno, ma non si sa bene di cosa si nutra.



Olga inizia allora la sua ricerca per capire come prendersi cura di un Olgamus, sempre arricchendo il suo quaderno di appunti e osservazioni.
Come ogni percorso di ricerca, anche questo porterà a cose aspettate e cose inaspettate, come scoprire che certe persone con cui non riusciva ad entrare in connessione, alla fine non sono poi male come credeva.
Tra piccoli gialli (la scomparsa di Meh), scoperte e nuovi amici, Olga riempie il suo quaderno, e i lettori alle prime armi riusciranno a finirlo di leggere, incoraggiati da una scrittura semplice ma non banale e da una struttura a fumetto che rende tutto più allegro e divertente.

Il romanzo si chiude ma non del tutto: un nuovo titolo è pronto a uscire. L'Olgamus è una creatura davvero bizzarra e probabilmente ci saranno ancora molte cose da scoprire su di essa.
Una cosa l'ho scoperta anch'io: non solo l'Olgamus fa la cacca più sorprendente di tutto l'universo, ma è indubitabilmente l'animale più semplice da realizzare con il didò.

Quindi, se i vostri bimbi hanno bisogno di un po' di incoraggiamento e di autostima non solo nella lettura ma anche nella scultura, Meh è perfetto per cominciare!
Basta formare un salsicciotto piuttosto grosso e arrotondato, e un altro sottilissimo, che schiaccerete col dito.


Segnate la bocca con uno stuzzicadenti.


Attaccate il naso e "pizzicate" sopra la testa per creare le orecchie (o se preferite attaccatele).


Con uno stuzzicadenti fate due buchi per gli occhi e tante lineette per il pelo. Poi usate altri stuzzicadenti per zampe e coda.


Ecco qua: non è carino?


Forse no, in effetti. Ma Olga lo troverebbe bellissimo.


Avete anche voi a volte la sensazione di non aver dato alla luce dei bambini, ma dei piccoli koala, di cui voi siete il ramo?
Quante volte anche i  più grandicelli chiedono di salirvi in braccio per stanchezza, timidezza o anche solo per insicurezza di fronte a una sensazione nuova? La realtà è che tutti noi, adulti compresi, abbiamo delle comfort zone, fisiche o immateriali che siano, da cui difficilmente ci stacchiamo.


Ce lo racconta con un'iperbole Un giorno da koala, recente uscita di Zoolibri, di Rachel Bright e Jim Field. Il libro narra la storia di Cesare, un koala che ha passato tutta la vita ben attaccato al suo ramo.


Non che se ne stia a fare nulla (scopriamo dalle varie immagini che ha una collezione di foglie e anche una bella libreria, nella quale si possono notare piccoli cammei come Un leone dentro, opera degli stessi autori), ma di scendere non ne vuole sapere, nonostante i numerosi inviti degli amici.


Cesare ha troppa paura, chissà cosa potrebbe succedere là sotto. Scendere è decisamente troppo pericoloso.



Le illustrazioni di Jim Field ci mostrano la storia dai diversi punti di vista, con le tre diverse prospettive: frontale, quando a vedere le cose è il narratore onnisciente, dall'alto, quando vediamo le cose con gli occhi di Cesare, o dal basso, con quelli dei suoi amici.


E se Cesare non vuole scendere dal suo ramo, cosa accadrà quando sarà il ramo stesso a cadere?


Un giorno da koala è una metafora, forse un po' troppo esplicita, sul superamento delle proprie paure e dei propri limiti, un invito alla sfida con se stessi, ad andare oltre, per scoprire che forse i nostri timori ci fanno perdere delle opportunità.
Una storia un po' didattica, arricchita da una carrellata di colorati personaggi e da un protagonista tenero a cui è difficile resistere.

Se anche voi amate i koala, potete trasformare questo loro... attaccamento morboso in qualcosa di utile, come un segnalibro.
Potete divertirvi con i bimbi scoprendo che per disegnare un muso di koala bastano tre cerchi: uno per il viso, due per le orecchie. Disegnate poi il corpo come una I maiuscola con le grazie, molto grossa.



Piegate il corpo in due, attaccate testa e orecchie e fissate del nastro adesivo magnetico sulle zampe.


Il vostro koala si terrà ben stretto alla pagina del libro. A meno che, come Cesare, non scopra improvvisamente la libertà.

 
"Al menu di oggi do 7"
Da quando il Piccolo T ha scoperto "Quattro ristoranti", a ogni pasto mi aspetto una votazione, non sempre clemente, a dire il vero.


Ma quel programma televisivo è stato anche uno sprone a voler imparare qualcosa in più sul cibo, verso il quale non aveva mai avuto molto interesse (se non quello di mangiarlo).

Il tema dell'alimentazione ha molte sfaccettature oltre a quella del gusto, e un libro come Apprendisti chef, di Editoriale Scienza, lo affronta a 360°. Non si tratta di un semplice libro di "ricette facili", ma di un manuale che guida il bambino alla scoperta di tutto ciò che significa cibo e ristorazione.

Si inizia da una presentazione del ruolo di chef, e poi via, ad esplorare i nutrienti e il loro ruolo nella nostra alimentazione.


Da qui, il passaggio logico successivo è quello verso i gruppi di alimenti: cereali, latticini, frutta, verdura, carne e pesce, ma anche i condimenti, necessari per esaltare il sapore dei piatti.


Con un blind test, scopriamo anche il senso del gusto e i diversi sapori percepiti dalle nostre papille, per poi conoscere piatti e sapori dalle cucine di tutto il mondo.

È poi il momento di scoprire come è composta e come si segue una ricetta (la prima proposta è il gelato alla fragola).

Si passa poi in cucina, dove conosciamo attrezzi e tecniche di preparazione e cottura, ma anche le norme di igiene e l'utilizzo corretto di frigo e dispensa.


Infine, passiamo al livello professionale: quali sono i ruoli in cucina? Come si organizza un ristorante? Come si compone un menu? Come si impiatta?
Non mancano nemmeno nozioni di amministrazione, su come calcolare il rincaro rispetto al costo delle materie prime.


Come negli altri libri della serie "Apprendisti" (vi avevo parlato qui di Apprendisti scienziati e qui di Apprendisti coder), anche Apprendisti chef prevede uno sticker da applicare al termine di ogni lezione e alcuni poster e giochi da staccare e montare, come il gioco "crea la tua pizza" o gli stencil per decorare i cupcakes.

Insomma: Apprendisti chef è un'esperienza a tutto tondo sul mondo del cibo, dell'alimentazione, della ristorazione, per imparare non solo a cucinare, ma anche a mangiare, ma soprattutto a capire il cibo.

E quando  vostri bimbi (anche i più piccoli) vogliono "mettere le mani in pasta" ma voi preferite tenere la cucina pulita, allora affidatevi al gioco simbolico.

Ecco

tre cibi giocattolo da fare in casa con materiali di riciclo

Direttamente da un mio vecchio post (al quale vi rimando per istruzioni più dettagliate):

1. la pizza

Con la "pasta" di cartone e ingredienti a scelta come mozzarella, funghi e carciofini ricavati da ritagli di pannolenci, potete comporre ogni volta un gusto diverso, dalla margherita alla capricciosa (l'ananas non usatelo, mi raccomando!).


2. l'uovo all'occhio di bue

 Lo potete preparare con un ritaglio di pannolenci bianco al centro del quale incollare un cerchio di feltro giallo. Se lo inserite dentro un contenitore di sorpresina di ovetto di cioccolata, avrete anche il guscio da aprire.


3. Il panino.

Con cosa volete farcirlo? Noi abbiamo creato del formaggio coi buchi con una spugna da cucina gialla, l'insalata con del pannolenci e un hamburger tondo tondo con un pezzo di feltro marrone.


Per il pane, abbiamo usato una spugnetta da piatti di quelle bicolori, dalla quale abbiamo tolto la parte verde, ritagliandola a forma di pane in cassetta e dipingendo i bordi (la crosta) di marrone.


E ora, siete pronti a servire il vostro piatto, vero o simbolico che sia.
Ma attenzione: il voto di vostro figlio potrà confermare o ribaltare tutto. Anche la vostra autostima.

   
Ci sono al mondo tanti tipi di papà. Papà padroni, papà brontoloni, papà sempre impegnati.
E poi ci sono, per fortuna sempre più spesso, papà come il nostro, che non hanno nulla di diverso da una mamma (se non biologicamente parlando): preparano colazioni, valigie e vestiti, cambiano pannolini, puliscono casa.


A loro dedico questa idea last minute per la festa del papà, con un libro e un biglietto velocissimo.
Il papà che aveva 10 bambini, di Bénédicte Guettier (ape junior) parla proprio di un papà tuttofare: ogni giorno questo papà prepara 10 colazioni, infila 10 magliette, 20 calzetti, e così via. (sì: è anche una buona scusa per introdurre qualche concetto di matematica!).


L'albo descrive la sua giornata, con immagini spesso particolarmente buffe, come quella della macchina di papà piena zeppa di marmocchi urlanti.
Le scene sembrano disegnate da un bambino, senza troppa logica: i bambini sembrano tutti della stessa età, e nonostante siano pelati come neonati, vanno a scuola. Ma questi dettagli, solo apparentemente ingenui, non fanno che avvicinare al piccolo lettore il mondo descritto, che potrebbe altrimenti sembrare la solita lamentela dell'adulto che lavora tutto il giorno.


Le scene si susseguono piene di sorrisi e affetto, ma alla fine della giornata, dopo aver letto una storia e dato 10 bacini, il papà è esausto.


In gran segreto, il papà di notte si costruisce una barca. Anche questa è raffigurata con occhi bambini, come una barchetta di carta.
I bambini sono entusiasti quando la vedono, ma in realtà il papà vuole partire da solo per un viaggio di "almeno 10 mesi", e lascia i bimbi alla nonna (la mamma in questo albo non c'è, non si sa dove sia, non viene mai nominata).


Dopo aver riposato un po', il papà si sveglierà e, con un gesto automatico, preparerà 10 colazioni. È in quel momento che si renderà conto che lui 10 mesi senza i suoi bimbi non ci vuole stare, così torna a prenderli e parte insieme a loro.

Il papà che aveva 10 bambini è una lettura leggera e simpatica, adatta già dai 3 anni di età, che attraverso il divertimento veicola alcuni messaggi importanti: innanzitutto quello sulla parità di genere, con il papà che non è meno papà solo perché fa cose tradizionalmente "da mamma", e poi la forza e la debolezza di un genitore, che a volte ha bisogno di staccare, ma non per questo ama di meno i suoi figli.

Se avete anche voi un papà così, regalategli Il papà che aveva 10 bambini con un biglietto speciale: preparate una barchetta di carta con un foglio A4 (sapete come si fa, vero?), riempitela dei suoi cioccolatini preferiti e aggiungete una bandierina per lui.


Se avete figli che sanno scrivere, potete nascondere una letterina nel foglio ripiegato a barchetta.
E per un giorno, lasciatelo navigare in libertà.


Non è facile mettersi all'altezza dello sguardo dei bambini, riuscire a lasciar andare la propria immaginazione senza paletti, scordando le regole della fisica e della società per credere all'impossibile, come loro fanno ogni giorno.
Non è facile entrare nei giochi dei bambini, con la loro logica (apparentemente) senza logica, ma quando si riesce a farlo, il risultato è potente.


Per abbassarsi all'altezza dello sguardo bambino, Marie Dorléans, autrice e illustratrice, è montata a cavallo, e ha creato Gran premio!, un albo sorprendente e sorprendentemente comico, ben tradotto da Federico Appel per Sinnos.

L'originalità di questo albo traspare immediatamente dal suo formato, molto sviluppato in orizzontale (30 x 17 cm), non per vezzo artistico ma per dare maggior valore a una narrazione che in questa larghezza sa esprimere tutto il suo potenziale.

Vediamo per prima cosa gi spettatori, tutti ben schierati e accalcati con i loro binocoli per guardare la corsa (ma la stanno guardando proprio tutti?).


E ora, ecco: cavalli e fantini sono pronti a partire.
La calca a sinistra della doppia pagina, contrapposta all'ampio spazio vuoto a destra, rende l'idea dell'attesa della partenza, del lungo percorso della corsa da intraprendere.


Bang! La corsa ha inizio.
Finalmente i cavalli possono occupare tutto lo spazio della doppia pagina, spiegando le zampe in un veloce galoppo, incalzante come il testo che lo descrive. Il tono è quello di una cronaca sportiva: neutro, concitato. Non c'è spazio per l'ironia tra le parole, che restano serie e professionali, rendendo ancora più evidente la contrapposizione con la follia delle immagini.

Il ritmo si ferma momentaneamente per mostrarci il primo siparietto comico: tre concorrenti rimasti sulla linea di partenza perché avevano scelto dei cavalli non proprio adeguati (uno è una statua, gli altri non ve li svelo per non rovinarvi la sorpresa).


E man mano che la corsa prosegue, dettagli più o meno evidenti rendono sempre più divertente la storia, fino alla beffarda premiazione finale.

Il lessico utilizzato è ricercato e mai banale, ma anche le parole difficili diventano comprensibili inserite nel loro contesto. Viene naturale leggere Gran premio! con voce un po' nasale, da cronista d'altri tempi, ritmato ma impassibile agli eventi, mentre i bimbi si divertono a cercare tra le immagini i dettagli più divertenti.

Gran premio! è un albo che invita alla rilettura, per godersi al meglio ogni particolare, cercare nella corsa le trovate più assurde e originali immaginate dall'autrice, e a ogni lettura lasciarsi andare a qualche nuova risata.
È un libro fatto di incastri perfetti: il formato, il tono di voce serio, le illustrazioni folli lavorano assieme per creare una narrazione dal potente effetto comico, una storia in cui ogni pagina è una nuova sorpresa.


Dopo averlo letto (e riletto, e riletto, e riletto) ci è venuta voglia di creare un

gran premio fai da te


Abbiamo preso un po' di cartoncino colorato, stuzzicadenti e il coperchio di una scatola di scarpe.


Abbiamo ritagliato un foglio verde grande quanto il coperchio e abbiamo tracciato tre linee graduate.


Abbiamo poi ritagliato tre cavallini di carta (anzi, sei), attaccandoli ognuno ai due lati di uno stuzzicadenti.


Infine, abbiamo incollato il foglio al coperchio, ripassato le tre linee con il taglierino per creare delle corsie e infilato i cavalli.


Come si usa questo "gran premio"? Noi abbiamo trovato tre modi diversi:
  1. Come gara ai dadi. Ognuno sceglie un cavallo e lo fa avanzare lungo le tacche della linea tirando un dado. Vince naturalmente chi arriva per primo al traguardo.
  2. Come segnapunti. Se state giocando a un gioco in cui è necessario segnare i punti, questa è un'alternativa (un po' ingombrante, ma più divertente) al solito foglietto di carta: a ogni partita vinta, il cavallo avanza di un punto lungo la linea graduata.
  3. Come gran premio, appunto. Lasciatelo in mano ai bimbi: si inventeranno una corsa di cavalli ricca di avventure e colpi di scena, come solo loro (e Marie Dorléans) sono in grado di fare.

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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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