Nuvole in scatola
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Quando immaginiamo le cose che un bambino si trova a dover imparare per affrontare la vita, ci vengono in mente le prime parole, i primi passi, e poi i colori, i numeri e così via.
Ci dimentichiamo spesso che una delle cose più importanti – e più difficili – da imparare sono le emozioni.


Ai più piccoli sono dedicate tante proposte che aiutano a riconoscere le espressioni facciali o dare un nome a ciò che proviamo (ad esempio i libri con le facce per i primi mesi, o mini-storie come Faccia Buffa).
Io fuori io dentro, di Cosetta Zanotti e AntonGionata Ferrari fa un passo oltre, aiutando i bambini a distinguere tra quello che proviamo e quello che esprimiamo.


L'abo è composto da una coppia di doppie pagine per ogni emozione rappresentata.
Nelle prime due pagine viene descritta la situazione a parole e così come appare ("io fuori").


Altre due pagine sono dedicate alla rappresentazione del mondo interiore che corrisponde alla stessa situazione. Qui si entra in un mondo più onirico, fatto di elementi spesso irreali, metafore che si fanno disegno. Si può volare leggeri o finire letteralmente a pezzi.


Alle emozioni Io fuori io dentro non dà un nome, come è giusto che sia: siamo a un livello successivo al semplice riconoscimento o alla semplice verbalizzazione. Qui si vuole spiegare che ogni emozione è un mondo, è una storia, è un turbine che la maggior parte delle volte non si può semplificare e ridurre a una sola parola. Insomma: c'è una differenza di complessità infinita tra "felicità" e "un tuffo in discesa sulle montagne russe circondato dalle persone che amo  in un mondo tutto rosa".


E in fondo è un po' questo il processo di apprendimento in tutte le cose: iniziamo con i concetti semplici, poi li approfondiamo, e non è detto che saperli etichettare sia il grado più alto di conoscenza, tutt'altro.

Io fuori io dentro è un albo da "sentire" e non solo da leggere, e può rappresentare il punto di partenza per tante riflessioni e dialoghi su sentimenti, emozioni e sensazioni, e sulla loro espressione, anche non verbale.

Si può anche costruirne una versione personalizzata.
Per farla, basta stampare una foto a figura intera, collocandola magari su un A4, poco a sinistra della linea di mezzo.



Si piega a metà il foglio (alla destra della foto), poi ancora a metà (stavolta a sinistra), infine lo si ritaglia lasciando intatta la piega sulla sinistra della foto. In questo modo si otterrà una specie di "libretto" con la sagoma del bambino, pronto solo da rilegare (per farlo, bastano due fori e un po' di spago).


"Io fuori" è la foto del bambino.
"Io dentro" sono tutte le pagine pronte da scrivere e disegnare al suo interno.


(Qualcosa mi dice che il Piccolo T preferisce la scrittura al disegno. Tutto sua madre.)



Ci sono libri che si leggono, libri che si cantano, libri che si recitano.
E poi ci sono libri che si camminano.


Caterina e l'orso, a zonzo per il mondo, di Christiane Pieper (edizioni Kalandraka), si legge, ma non si può non camminare. Perché questo libro non racconta una storia, ma un percorso.


Il grosso orso
se ne andava a zonzo per il mondo
(e Caterina dietro...) 




Perché l'orso vagava per il mondo? Perché Caterina lo segue? Come si conoscono? Chi è l'orso? Chi è Caterina? Non ci è dato saperlo, e tutto sommato nemmeno ci interessa: parte dello spirito di questo libro sta proprio nella spensieratezza dei due protagonisti, che vanno a zonzo per il puro gusto di farlo.

Ogni pagina ci mostra una modalità diversa: Caterina e l'orso camminano in avanti, all'indietro, su una zampa, su due, rotolando e così via.
Lo fanno perché andando a zonzo si guardano attorno e mutano la loro andatura secondo le circostanze: quando vedono un granchio, un fenicottero, un vecchietto col bastone, lo imitano e camminano allo stesso modo. Quando tutto è buio e zitto stanno in silenzio, quando la sete nel deserto li porta allo stremo, strisciano.


E se è vero che il libro, così attento a un coinvolgimento "fisico" ma privo di una vera e propria trama, si rivolge ai più piccoli (già a partire da un anno e mezzo), va anche detto che trasmette anche un contenuto più profondo, un'idea di viaggio e di percorso in cui è necessario fare attenzione ai luoghi che si attraversano e ai popoli che si incontrano. Un tipo di viaggio che non è solo visita superficiale, ma che ti coinvolge e in qualche modo ti cambia.
Un primo approccio al vero significato di questa parola, per piccoli aspiranti globetrotter.



Il viaggio di Caterina e l'orso cambia anche il loro atteggiamento: a volte curioso, a volte spensierato e liberatorio, altre volte impegnato, perché saltellare su una zampa sola non è facile come sembra.


Caterina e l'orso, a zonzo per il mondo, dicevo, non è un libro che si legge e basta, ma un libro che si cammina (e si salta, e si rotola).
Impossibile affrontarlo semplicemente stando seduti, è perfetto per una lettura animata e di gruppo, con moltissime possibilità di interpretazione. Il lettore può invitare i bambini a imitare Caterina e Orso ripercorrendone i movimenti, oppure può imitarli lui stesso. Se lo spazio non lo consente, si può trasformare ogni movimento in un gesto, magari "rumoroso" (battere un piede, batterne due...) e creare una lettura "musicale". Il lettore può diventare l'orso e il bambino (o i bambini) Caterina, che gli va dietro imitandone i gesti.

E naturalmente si può giocare, creando un percorso da seguire e da completare ogni volta al passo giusto.
Se volete proporlo anche voi, potete usare il mio pdf stampabile oppure disegnare voi stessi i segnali, appoggiarli a terra e invitare i bimbi a seguirli. Lo spazio da un segnale all'altro va percorso secondo l'indicazione del segnale stesso.



  • Una/due/tre/quattro zampe: si avanza fino al prossimo segnale camminando su una/due/tre/quattro zampe.
  • "Inversione a U": di prosegue camminando all'indietro.
  • Freccia con cunette: si salta
  • Freccia che si avvita su se stessa: si rotola
  • Freccia ondeggiante: si striscia
  • Nota: si canta
  • Nota sbarrata: si fa silenzio.

I miei bimbi si sono divertiti a combinare tra loro le tessere ottenendo istruzioni come "A tre zampe saltando" o "strisciando e cantando".
(E poi c'è il Piccolo D, che ha inventato la carta "salire in groppa al fratello": da sempre la sua preferita.)


La fase che va suppergiù dall'anno e mezzo ai tre anni, quella dei "toddler", è caratterizzata in fatto di letture da una frase ricorrente: "Ancora!".
Se saprete proporre il libro giusto, adatto all'età, allo sviluppo cognitivo e ai gusti personali di vostro figlio, preparatevi a leggerlo e rileggerlo. E rileggerlo, e rileggerlo, e rileggerlo.


Nella selezione dei libri da proporre, diventa fondamentale, allora, che la scelta ricada su un titolo che piaccia al bimbo, sì, ma anche al genitore che glielo legge, e magari che "guidi" con la sua struttura verso una lettura partecipe, attiva, un po' interattiva (provate voi a leggere una poesia per quattrordici volte di seguito!), che permetta di superare la noia della ripetizione con quel pizzico di pepe in più.

Le mutande di Orso Bianco (edizioni Salani) risponde perfettamente a questi requisiti.
Sullo scaffale, spicca per il suo formato molto sviluppato in altezza e per... la sua bandella a forma di mutanda!

La storia, nata dal team creativo Tupera Tupera, è semplice e ricorsiva, adatta a un pubblico di piccoli, arricchita da sorprese, variazioni e momenti di ilarità. D'altra parte, impossibile non ridere quando il tema sono le mutande!



Dunque: Orso bianco non trova più le sue mutande, e un topolino lo aiuta a cercarle.
Pagina dopo pagina, gli fa vedere mutande di diversa foggia, colore e dimensione. Nessuna di queste, però, è la mutanda di Orso bianco.


In un meccanismo di "gira e scopri" e di fori nelle pagine, il bambino è coinvolto a ogni mutanda in un indovinello: attraverso una finestrella, la pagina fa vedere le mutande della pagina successiva, sfidando chi ascolta a indovinare di chi sono.

A chi apparterranno queste piccolissime mutande floreali? Dev'essere un animale piccolo, che ama particolarmente i fiori.
Girando pagina, scopriamo che si tratta di una simpatica farfalla.


Ci sono mutande a strisce, mutande con messaggi ambigui, mutande usate al contrario e infilate in testa.
Ogni volta un indovinello, ogni volta una risata, fino alla sorpresa finale: insomma, dove sono finite le mutande di orso bianco?

Oltre ad essere particolarmente coinvolgente e divertente, Le mutande di Orso Bianco aiuta a sviluppare la logica delle associazioni, del prima e del dopo e dei simboli attraverso un meccanismo di gioco.
Un gioco che può essere portato al di fuori delle pagine, preparando mutande di carta per i vari pupazzi di casa.


Basta ritagliare una semplice forma di carta da ripiegare poi sul pupazzo e fissare con un po' di nastro adesivo.
E poi, inventare il disegno perfetto per ogni mutanda e per ogni animale.


Le mutande del bruco potranno rappresentare la sua voglia di diventare farfalla, quelle dell'ape un alveare, la coccinella avrà mutande a pallini e la tartaruga? Un limite di velocità, naturalmente bassissimo.


Secondo l'età del bambino, il gioco potrà consistere semplicemente nell'abbinamento tra mutande e animaletti, oppure nella "caccia al padrone delle mutande", girando per casa. Ai più grandicelli potrà essere proposto di disegnare loro stessi la mutanda perfetta per ogni proprietario, immaginario o reale che sia (chissà che mutande disegneranno per mamma e papà!).


Un bacio "soffiato" da un bambino può fare tante cose.
Fa giravolte davanti al viso e si posa proprio dove lui voleva. Può essere acchiappato al volo e anche rispedito, facendolo volare ancora più lontano.


Nel loro Un bacio in viaggio, Manuela Monari ed Evelyn Daviddi (ed. Zoolibri) raccontano la storia di un bacino, spedito lontano da una bambina.


Il testo accompagna poeticamente il viaggio di questo bacio.
Ho spedito qualcosa.
Come una lettera nella buca dell’ufficio postale.
Come un piccione viaggiatore.
Come un telegramma dettato al telefono.
Come un bigliettino passato di nascosto.


Il bacio arriva a destinazione, dalla nonna, ma non si ferma, perché la nonna lo passa al nonno che sta per partire, e così il bacio continua il suo viaggio, attraversa luoghi diversi, reali e immaginati, e diversi tipi di amore, da quello romantico a quello materno, passando anche per l'affetto tra una padrona e il suo cane.




Nelle illustrazioni di Evelyn Daviddi, il "bacio" non ha la classica icona dell'impronta delle labbra: è una sfera dai colori mutevoli, ma sempre vivaci. È qualcosa di materico ed evocativo al tempo stesso, e viaggiando colora e illumina i luoghi sui quali passa.


Perché un bacio è una forza universale, che rende più bello il mondo.

Ma ci si può allenare a "soffiare un bacino"?
In 5 minuti, io e il Piccolo T ci siamo inventato un gioco semplice e tenero. Un po' di rossetto, un foglio di carta e un paio di forbici per ritagliare i "bacini", e una piccola ciotola dove soffiarli.


Si posa il bacio sulle dita e con un soffio si prova a fare più centri possibile.


Cosa si vince? Un bacio, naturalmente. Così alla fine nessuno dei due giocatori ha davvero perso.

Se pensate a un libro di anatomia umana, che sensazioni vi vengono in mente? Probabilmente curiosità, interesse, rigore, forse anche un po' di noia.
Ma lo avete mai trovato un libro di anatomia che vi incantasse con le sue immagini? E uno che vi facesse ridere?


Eppure è proprio questo quello che succede quando si mettono insieme due autori, entrambi Premio Andersen, come Gek Tessaro e Andrea Valente. Da questa unione scoppiettante è nato Dalla testa ai piedi. Sopra sotto dentro fuori il corpo umano, un insolito "manuale di anatomia" di Editoriale Scienza, che fonde arte, scienza e humour.


Dalla testa ai piedi è suddiviso in sette sezioni, ognuna delle quali affronta un diverso aspetto del corpo umano. Che si tratti di un libro insolito è evidente già dal titolo di questi capitoli: " Con la testa sulle spalle", "Lo scheletro nell’armadio" e così via.


Sorprende la scrittura vivace e frizzante di Andrea Valente, precisa e rigorosa nei dettagli e nelle spiegazioni ma allo stesso tempo alla continua ricerca di farsi complice e strizzare l'occhio a chi legge.
E poi ci sono loro, le illustrazioni di Gek Tessaro, collage coloratissimi dai contorni apparentemente grossolani, che riescono a dare espressività anche alla sezione di una testa (con un occhio che guarda giù, verso la sua gola portata alla luce del sole), o a uno scheletro, che sembra perplesso di essere rimasto così, solo ossa.


È come se ogni spiegazione scientifica fosse accompagnata da una piccola opera d'arte, che aggiunge l'incanto dell'occhio a quello della scoperta.
In ogni pagina o quasi, alla parte divulgativa "anatomica" si aggiunge qualche curiosità linguistica, che racconta e spiega, sempre in toni leggeri e spesso scherzosi, tutti i modi di dire legati a quella parte del corpo.


Non manca il capitolo "Anche dentro le mutande", che con rigore e semplicità parla di vulva, pene e... sedere.


Dalla testa ai piedi è insomma un manuale che è anche un racconto, che è anche un incanto per gli occhi.
Le immagini materiche di Gek Tessaro si fanno vive sulle pagine; viene voglia di ritagliarle, di ricostruirle, di giocarci. Viene voglia di fare un collage, o un puzzle, magari preparando tanti pezzetti di carta colorata con la forma dei vari organi e ricostruendoli nel modo giusto.




Potete farlo con lo scheletro, ad esempio, ricalcando direttamente le immagini del libro o scaricando il mio pdf stampabile.


Un colpo di forbici, qualche fermacampioni, e siamo pronti per parlare in modo divertente di cranio, cassa toracica, tibia e perone.


Oppure per decorare la casa in vista di Halloween. Un po' presto, dite?


 
Qual è la prima cosa che vi viene in mente se vi dico "fenicottero"? La prima dopo tutti i vari accessori-moda degli ultimi anni, intendo.
Probabilmente il suo colore rosa.


Nelle illustrazioni di Marije Tolman certamente il rosa è un elemento fondamentale: è l'identità del protagonista che spicca in ogni pagina, qualunque cosa accada.
Sì, perché Felicottero (testo di  Kim Crabbels, edizioni Sinnos) è prima di tutto la storia di un personaggio e di come evolve restando se stesso.

Felicottero parla di disabilità, ma lo fa senza retorica, e mettendoci a volte un po' di poesia:
A Fenicottero manca una zampa,

e alla zampa manca Fenicottero.


Fenicottero era un campione acclamato in moltissime discipline (come i trampoli: in fondo, è un trampoliere!), sempre con un grande seguito di amici ad incitarlo.


Poi un brutto un giorno, in seguito a una caduta, perde una gamba. Fenicottero resta solo, una macchia rosa desolata in un fondo deserto, tra palme che piegano i rami come lui piega la testa, intristito.


Sarà un millepiedi (proprio lui, che di zampe ne ha fin troppe!) a spiegargli, anzi, a dimostrargli senza parole ma con una certa arguzia, che può ancora farcela, che è ancora il campione di una volta, che basta solo cambiare prospettiva, e volare.

Sarà sempre lui a richiamare attorno al fenicottero coloro che lo avevano abbandonato, perché a Fenicottero manca una zampa, ma più di ogni altra cosa, mancano i suoi amici.


Fenicottero riprende a volare, diventa Felicottero, e in questa storia ci insegna, a volte in modo esplicito, a volte lasciandolo intuire, tante cose sulla disabilità.
Ad esempio, che la vera differenza non la fanno le tue capacità, ma lo sguardo e soprattutto la vicinanza delle persone attorno a te.
Oppure, che non è un'abilità in più o in meno a cambiare ciò che sei: Fenicottero resta sempre del suo rosa sgargiante, deve solo ritrovare il suo coraggio di andare avanti. E in fondo, da prima, non è cambiato poi molto: non è un caso, credo, che per raccontare questa storia (ispirata peraltro all'atleta paralimpico Marc Herremans) sia stato scelto un uccello che già normalmente vediamo poggiarsi su una zampa sola, come se l'altra non esistesse.

Felicottero è un racconto mai patetico, alleggerito da un testo ironico e dalle immagini colorate, perché così dovrebbe essere la nostra visione della diversità: semplicemente come un colore tra tanti nel nostro mondo.

E voi, lo volete costruire un Felicottero?
Probabilmente sapete già fare (o lo avrete vsto da qualche amico) un "elicottero" partendo da un rettangolo di carta.


Basta fare qualche piccola modifica, e inserire un collo e un becco tra le due eliche (ops, ali), per trasformare l'elicottero in Felicottero. Nel mio pdf stampabile troverete la traccia di entrambe le versioni: quella classica e quella "glamour" (vanno ancora di moda i fenicotteri?).


Basta ritagliare lungo le linee continue e piegare lungo le linee tratteggiate. Il piede del fenicottero, una volta ripiegati i due lembi, uno da un lato e uno dall'altro, va ripiegato su se stesso e bloccato con un fermaglio che servirà anche come peso per dargli la giusta direzione di volo.
Le ali vanno piegate una da un lato e una dall'altro, lasciando dritta la testa.


Ora non basta che scagliarlo lontano da sé, leggermente verso l'alto, per vederlo scendere ruotando le ali come un elicottero.


Come Felicottero insegna, è tutta una questione di buttarsi e lasciarsi andare.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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