La mia compagna di banco, alle elementari, abitava proprio accanto alla casa di mia nonna. C'era un muro che divideva i due giardini, e quel muro aveva un buco.
Dal momento in cui si conoscono, non si separano mai. Ad accompagnarli, di volta in volta, è la mamma di uno dei due, una figura necessaria ma al tempo stesso di contorno: citata spesso nel testo, nelle illustrazioni non compare mai.
Ovviamente nulla mi impediva di andarla a trovare passando dal vialetto e dall'ingresso principale, ma c'era un fascino diverso nello spostare quei due sassi che rendevano l'apertura troppo stretta e passarci attraverso: quel gesto trasformava un pomeriggio di gioco in un pomeriggio di avventura.
L'incipit di Jip e Janneke amici per sempre, di Annie M.G. Schmidt e Fiep Westendorp (sì, sono gli autori del meraviglioso Pluk e il Grangrattacielo, anch'esso edito da Lupoguido) mi è balzato nel cuore come una proustiana madeleine ed è stato subito chiaro che la materia di questo libro sia l'essenza stessa del bambino. Anche i due protagonisti si conoscono così, attraverso un buco nella siepe che divide i due giardini.
Nei 40, brevi episodi che compongono il libro, vediamo dipanarsi tutto il senso dell'amicizia vista con gli occhi di un bambino.
Le loro emozioni sono forti, ma durano un attimo. Il loro sguardo sul mondo è nuovo, fresco, incantato ed egocentrico. Jip e Janneke sono, seplicemente, deliziosi.
Quello di Jip e Janneke è un mondo in cui un orologio nuovo è un evento da condividere, il bucato dei vestiti di una bambola è un impegno serio e salire sulle scale mobili una vera avventura.
Le loro sono storie semplici, quotidiane, che il loro stupore carica di emozioni. Sono storie reali, raccontate da un narratore esterno che però prende molto seriamente le sensazioni e il punto di vista dei bambini.
Si susseguono marachelle, piccole scaramucce, classiche divergenze da "maschio" e "femmina" che in realtà sono più simili di quanto credano: Jip non vorrebbe giocare alla casa delle bambole, ma alla fine, anche se non lo ammetterà , si diverte a farlo. Tutto così normale, tutto così straordinario.
Fiep Westendorp disegna i due protagonisti come fossero silhouette, sempre di profilo, neri con qualche vestito bianco. Eppure, nell'essenzialità dei suoi segni, riesce a rendere perfettamente l'espressività stupita dei due bimbi, la postura impacciata di Jip che si arrampica su un bidone per spiare da una finestra o che dà un bacio tenero all'amica, e ancora la risolutezza e la curiosità di Janneke.
Qualsiasi adulto, leggendo Jip e Janneke torna a sentirsi bambino per un attimo, perché le loro storie sono così universali che risvegliano inevitabilmente qualche ricordo sopito.
Questo è parlare ai bambini con il loro linguaggio.