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Avete presente quello che succede in molte serie tv? La prima stagione parte con un'idea-bomba, una scrittura ben congegnata e dettagli studiatissimi, poi la narrazione (e spesso anche la coerenza) si perde per strada.

Molto più raro è il caso in cui la serie mantenga la stessa qualità lungo le stagioni, e ancora più raro (per ovvi motivi) è il caso opposto: quelle serie che all'inizio ti fanno dire "meh" e poi esplodono.


Storie da spiaggia

Se fosse una serie tv, Storie da spiaggia di James Marshall (sulla copertina trovate anche il nome di Edward Marshall, ma è sempre lui, nelle vesti di illustratore), portato in Italia da LupoGuido con la traduzione di Sergio Ruzzier, sarebbe una di queste, più rare, più preziose.

Storie da spiaggia

Storie da spiaggia Ã¨ una raccolta di tre racconti con una storia-contenitore che li unisce: quella di tre bambini annoiati che si raccontano le storie (i tre racconti, appunto), sulla spiaggia. Il lettore, in questo modo, è trascinato dentro e fuori i diversi livelli di fiction: la storia di Lolly, Sam e Spider e le storie che ognuno di loro racconta. Sembra banale, ma per un bambino non lo è, e possiamo dire che leggere Storie da spiaggia Ã¨ di un esercizio che allena alla comprensione dei meccanismi narrativi.

La prima storia, quella di Lolly, lascia un po' perplessi: non c'è una vera e propria narrazione, non accade niente di rilevante, conosciamo però tre personaggi: un ratto, un gatto e un cane. Non fanno nulla, ma vedremo tornare il gatto e il ratto nella storia di Sam, e poi in quella di Spider.

Storie da spiaggia

La narrazione si fa via via più ricca e densa di ironia, tanto che, nonostante le poche e semplici parole utilizzate, non consiglierei Storie da spiaggia prima dei 5 anni (ma meglio ancora lo immagino come una prima lettura per i bambini di 6-7 anni). I tre protagonisti trovano ispirazione l'uno nella storia dell'altro per costruire strutture narrative via via più articolate e argute, come un castello di sabbia a cui si aggiunge ogni volta un elemento nuovo e meraviglioso.

Come accade nelle serie tv più rare, quindi, il libro prende corpo dalla seconda stag... ehm... dalla seconda storia in poi, e tanti sono i fili sospesi che l'autore riallaccia con maestria.

Storie da spiaggia viene peraltro venduto con un foglio cartonato allegato, da ritagliare in tanti riquadri illustrati che riportano alcuni elementi e personaggi del libro: basta pescarne tre a caso (o più, o meno, o seguire qualche altra regola, anche inventata) e si può giocare, un po' come si fa con gli story cubes, a immaginare una storia.

Magari da raccontare in spiaggia ai propri amici.

Magari ancora più arguta di quella finale di Storie da spiaggia, che ci racconta la potenza dell'immaginazione, per plasmare la realtà e – perché no? – rinsaldare amicizie, con il potere delle storie.

"Non ci vuole un pennello grande, ma un grande pennello" diceva una pubblicità che solo pochi di voi (ahimé) ricorderanno.

E così, non serve un libro grande, per avere un grande libro.


mini romanzi

È questa la filosofia della nuova collana Mini Romanzi di Editrice Il Castoro: romanzi brevi, alla portata dei lettori in erba (diciamo su per giù dalla seconda primaria in poi), ma romanzi d'autore, che non fanno sconti sulla qualità della struttura narrativa, del lessico, della dignità data a un lettore che merita un'opera a tutto tondo, e non semplificata "per venire incontro alle vostre capacità mentali" (scusate, oggi sono in vena di citazioni televisive vintage).

I primi due titoli sono già pronti sullo scaffale delle letture estive del Piccolo D: sono Il fantasma della miniera di Chiara Lorenzoni, illustrato da Martina Brancato, e 54 secondi di ritardo di Chiara Carminati, illustrato da Miriam Serafin.

 fantasma della miniera

Il fantasma della miniera è un libro di avventura che inizia da una lucertola, da un gruppo di amici e dalla noia estiva (non è forse così che iniziano realmente la maggior parte delle avventure dei bambini?). 

A questi ingredienti, pennellati con grande credibilità, si intreccia una leggenda di paese raccontata dal nonno, che diventa mistero e inseguimento di qualcosa di ineffabile: il fantasma intrappolato nella vecchia miniera del paese. Esiste? Non esiste?

La narrazione mescola sapientemente dolcezza, tensione e ironia e chiude con un finale che un adulto forse ha già intuito, ma che saprà sorprendere e far sorridere il piccolo lettore.

54 secondi di ritardo

Chiara Carminati, invece, sposta l'ambito dell'emozione dagli eventi alle persone: 54 secondi di ritardo (link affiliato) è una storia che ha il fulcro nelle singolarità, per non dire nelle stranezze, dei due protagonisti, Dennis e Giulietta. Lui trincerato dietro una routine che si ripete sempre uguale a sé stessa, precisa al secondo, che rappresenta la sua ancora di salvezza contro un mondo che gli fa paura.

Lei travolgente, fantasiosa, intraprendente, eppure sola: una di quelle bambine poco conformi e che per questo si trovano a loro agio più con altri adulti che con altri bambini. A meno che non siano bambini poco conformi, come Dennis.

Il giorno in cui la routine di Dennis viene turbata con un ritardo di 54 secondi, sconvolgendogli i soliti piani, Giulietta lo travolge, letteralmente, trascinandolo a zonzo per la città ala ricerca del fratello scomparso.

Le illustrazioni, nonostante lo stile molto descrittivo, lasciano spazio a qualche sorpresa, come la descrizione del fratello fatta da Giulietta, che viene visualizzata come si materializza nella mente di Dennis, un pezzo alla volta, secondo il racconto che ne fa lei.

Anche per fare una grande estate non servono grandi cose. A volte bastano un paio di grandi libri.

Chi ha letto il primo capitolo lo aspettava con ansia.

Hilo il mondo da salvare

Noi, ad esempio (intendo io e il Piccolo D), che dopo aver letto Hilo. Il ragazzo precipitato sulla Terra eravamo smaniosi di conoscere il destino di questo alieno-robot che in realtà si è dimostrato più umano di molti umani.

Il Barbagianni ci ha accontentati, portando in Italia il nuovo graphic novel di Judd Winick, un libro dove la tensione è altissima dall'inizio alla fine.

Hilo il mondo da salvare

In Hilo. Il mondo da salvare il nostro eroe ritorna (non vi dico come: è uno dei momenti più curiosi del libro!), ma con lui arrivano anche mostri e robot di ogni fattezza, ovunque.

L'azione è incalzante, anche se mai cruenta e sempre bilanciata da un'altissima dose di umorismo. I nemici spuntano da ogni dove e il lettore viene trascinato in continue sorprese e scoperte: ogni essere è diverso dall'altro, ha diversi poteri (spesso buffi) e diversi modi di combattere.

Anche il nuovo personaggio che fa il suo esordio, Polly, è un guerriero che aggiunge all'Aaaaah di Hilo il sui Uataaaah di combattimento.

Hilo il mondo da salvare

Poco spazio viene lasciato questa volta all'introspezione, la coralità vince sull'individualità, la squadra (anzi, la "cricca") è la vera protagonista.

Restano alcune tavole, le uniche "lente", dedicate ai flashback, che ci mostrano i ricordi di Hilo, ci svelano finalmente qualcosa in più sulla sua genesi, sulla sua storia e sul suo legame con il temibile Razorwark, l'antagonista principale, che nel primo volume era un'entità genericamente cattiva e ora piano piano inizia ad assumere dignità di personaggio, con un suo background, una sua storia, una sua motivazione.

Hilo il mondo da salvare


Si legge fin troppo in fretta, Hilo. Il mondo da salvare. Si ride, si resta col fiato sospeso, si ride ancora, ci si meraviglia e poi, ecco: finito. Ma non finito.

Chi ha letto il primo capitolo lo aspettava con ansia. Chi ha letto questo, aspetta con ansia il prossimo.


Prepararsi la mattina per uscire di casa, aspettare il giorno del proprio compleanno, fare qualcosa che ami per "ancora cinque minuti": quello che rende queste esperienze tanto diverse tra adulti e bambini è la percezione del tempo.

I piccoli ne hanno vissuto poco, e lo vivono in modo dilatato, senza percepirne la durata ("Mamma, quanto sono cinque minuti?"), né tantomeno la relatività ("Mamma, cinque minuti sono poco o tanto?").

Soprattutto, non comprendono perché, per noi, sia sempre una merce limitata, preziosa.

L'uomo che vendeva il tempo 

In questo albo di Luca Cognolato e Marco Paschetta per Terre di Mezzo, il tempo si fa proprio merce: L'uomo che vendeva il tempo probabilmente non a caso si chiama Vettore: un nome che indica chi trasporta qualcosa, ma anche, in matematica, una grandezza orientata, dotata di direzione, come il tempo che non torna mai indietro.
Nel suo negozio, chiamato Temperia, Vettore vende minuti e ore, ben misurati e ben confezionati, a chi ne ha bisogno.

L'uomo che vendeva il tempo

Ma cosa succede se un giorno i rifornimenti quotidiani di tempo non arrivano?
Cosa succede se il "tempo in più" è esaurito?
E se ad avere bisogno di tempo è proprio Vettore?

L'uomo che vendeva il tempo

L'idea creativa alla base di L'uomo che vendeva il tempo, quella di rendere tangibile e vendibile un bene così immateriale, si accompagna in questo albo a un'ambientazione d'altri tempi.
Vettore pesa il tempo su una bilancia a due piatti, lo confeziona a mano, batte gli scontrini su un vecchio registratore di cassa.

Anche i colori, caldi e polverosi, sono quelli delle fotografie ingiallite dal tempo.

Il tempo, appunto: è come se l'albo riportasse la narrazione al passato, a un'epoca in cui il tempo in più era ancora un bene possibile, per quanto prezioso; e anche se i clienti di Vettore sono persone che non ne hanno abbastanza, di tempo, si percepisce quel senso di comunità e di lentezza che appartiene a un mondo che non c'è più.

Non possiamo comprarlo, il tempo. Possiamo cercare di spiegare ai bambini che è la cosa più importante al mondo, qualcosa da non sprecare, da non sottovalutare mai.

E no, non possiamo comprarlo, ma quando ne vale la pena dobbiamo essere in grado di regalarne un po' a chi ne ha bisogno.
 

"Il miglior modo per nascondere qualcosa è in piena vista", scrisse, a quanto pare (non sono riuscita a verificare con esattezza) Edgar Allan Poe.

l'asino scomparso

È ciò che accade al protagonista di L'asino scomparso, un silent book di Lucio Notarnicola pubblicato da Caissa Italia che, accostandosi al recinto, vede soltanto un asino nero e nota che manca qualcosa.

l'asino scomparso
 
Inizia così il suo viaggio alla ricerca dell'altro asino, un viaggio durante il quale trascinerà con sé una lunga fila di animali che si uniranno a lui.
l'asino scomparso

E quando la sera, sconsolato, farà ritorno a casa, finalmente vedrà l'asino dietro al suo recinto, perché l'asino non era scomparso: era semplicemente bianco, e alla luce non si vedeva.

Ma dopo che sarà scesa la notte... non continuo, ma forse immaginate da soli cosa può succedere.

L'asino scomparso, è un albo basato largamente sulle inferenze e sui collegamenti intratestuali. È vero che tutti i silent book, in qualche modo, lo sono, perché presuppongono che la storia si comprenda dalle sole immagini, ma questo si spinge un po' oltre il solito meccanismo.

Innanzitutto, l'albo parte dal titolo, un elemento se non extratestuale, perlomeno paratestuale: non ci aspettiamo di dover dipendere dalla sua lettura per la comprensione del testo, eppure senza di esso non potremmo mai capire che il protagonista sta cercando proprio un asino, perché non lo abbiamo mai visto prima che se ne notasse la mancanza.

Poi, il gioco di luce / buio su cui si regge la ricerca, enfatizzato dall'uso di un bianco e nero in cui spicca qualche macchia rossa come unico elemento cromatico differente, non è banale da comprendere e potrebbe richiedere, specialmente ai più piccoli, una seconda e una terza lettura.

Quindi, una raccomandazione: non cedete alla tentazione di spiegare ai bambini cos'è successo. Rileggete, piuttosto, e rileggete ancora. La qualità di questo albo sta proprio nel non abbassarsi di livello, non dare spiegazioni inutili, nel rispettare (e sfidare) le capacità inferenziali dei bambini.

Lo si vede anche nello stile illustrativo, dal gusto un po' vintage, non scontato, che non ricerca per forza l'equilibrio o la gradevolezza delle forme ma punta sull'espressività.

Lo si capisce anche dal modo in cui questa espressività è trasmessa: L'asino scomparso, è un albo che urla senza usare parole. I segni rossi che escono dalle bocche dei personaggi sono evidenti, forti, incisivi, non c'è bisogno di testo per capire cosa significano, per sentirli, quasi.

E quindi sì, una volta svelata la chiave, assecondate i bambini nel provare, nel chiudersi in una stanza scura con un oggetto chiaro e con un oggetto scuro per vedere la differenza. Ritagliate sagome di asini bianchi e colorati e fateli passeggiare su un foglio bianco per vedere la differenza.

l'asino scomparso

Ma fatelo per sperimentare, non per spiegare. Fatelo dopo che avranno capito. Fatelo dopo che si saranno goduti il piacere di comprendere cosa vuole dirci un albo senza parole.






 

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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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