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"Se i muri potessero parlare...", si dice.

Ecco: certi muri parlano, in effetti, a volte perché portano i segni di qualche evento passato, altre volte perché qualcuno li ha resi testimonianza materiale della vita  – o della tragedia – che hanno vissuto. 

La vecchia casa sul canale

La vecchia casa sul canale di Thomas Harding e Britta Teckentrup (quella di L'albero dei ricordi, ma anche di L'altalena, pubblicato da Uovonero, come l'albo di cui vi parlo oggi) fa parlare i muri di una casa molto speciale, quella che fu il nascondiglio di Anne Frank, prima di essere catturata dai nazisti.

La vecchia casa sul canale

La prospettiva di quest'albo è molto originale: la storia della shoah viene approcciata in modo marginale, pur senza farle perdere di intensità, inserita in una più generale storia dell'umanità o, se vogliamo, del mondo.
La prima scena dell'albo ci riporta infatti a un'epoca in cui, nel luogo dove oggi sorge la casa, l'uomo non era ancora arrivato: nelle incantevoli illustrazioni di Britta Teckentrup non vediamo che una palude, con due aironi, un paio di mucche al pascolo, uccelli che punteggiano il cielo sereno.

Qui arriva il lavoro dell'uomo, che bonifica, costruisce un canale. La storia della casa diventa anche storia di Amsterdam stessa.

La vecchia casa sul canale

Nell'angolo in alto a destra, le date ci mostrano lo scorrere del tempo. La costruzione della casa, il passaggio da un proprietario all'altro, ma anche da una funzione all'altra: da dimora di un ricco mercante, a stalla, a bottega. Finché la casa non diventa nascondiglio.
Alla tragedia della deportazione di Anne viene dedicata appena qualche pagina in più. Ne vediamo i fatti, con qualche sfumatura di emozione, ma il punto di vista resta quello della casa e di ciò che può testimoniare.

La vecchia casa sul canale non è un libro pensato per raccontare la storia di Anne Frank, né la shoah: è certamente destinato a chi quel contesto già lo conosce. Potrebbe piuttosto essere trattato come una "guida turistica" prima di un viaggio ad Amsterdam, per leggere la vita e la storia di quella casa prima di visitarla.

Ma credo ci si possa leggere molto di più.

Nel raccontare la casa negli anni, ci sembra di avvertire l'indifferenza dello scorrere del tempo, di quel campanile che continua a battere le ore allo stesso modo, come se non ci fosse differenza tra un prima e un dopo. Il destino di Anne è un punto nella storia di un edificio che ignora la portata del fatto storico che ha contenuto. Questa impossibilità di entrare davvero nella vita di Anne genera nel lettore un senso di incompiutezza e di ingiustizia che forse raccontano il senso della giornata della memoria molto più di quanto non facciano le storie più dettagliate.

La vecchia casa sul canale è anche la dimostrazione di come quella memoria spetti a noi mantenerla viva, perché è solo grazie all'insistenza del padre di Anne che la casa, ormai quasi in rovina, è divenuta museo e testimonianza degli eventi tragici che ha vissuto.

Solo grazie a un uomo, al suo dolore, alla sua testarda volontà, la tragedia ha cabiato il corso delle cose, spezzando il susseguirsi di propietari e di destinazioni e rendendo quella casa una testimonianza.




"Un romanzo malvagiamente scritto e ignominiosamente illustrato dall'autrice": già il sottotitolo in copertina dice molto su questo irresistibile romanzo.

La famiglia Sappington

Non è certo una novità editoriale, La famiglia Sappington: la prima edizione in lingua originale è del 2008, quella italiana (per Il castoro) del 2009, ma ve ne voglio parlare perché è uno di quei romanzi a mio avviso imperdibili per la qualità della scrittura e dell'umorismo.

A casa nostra lo abbiamo letto in lettura condivisa e ci siamo dovuti fermare spesso (più di quanto non sia accaduto con qualsiasi altro libro, credo), perché letteralmente piegati in due dalle risate.

L'unico avvertimento che mi sento di dare è: tenetevene alla larga se cercate storie con una morale, storie "per bene", storie corrette (ma fanno davvero ridere, quelle?). In La famiglia Sappington il livello di cinismo è elevatissimo, e perdipiù trasmesso con una naturalezza e un aplomb molto british, che è la cifra stilistica principale di tutto il libro.

Non farebbe così ridere se i suoi aspetti caricaturali e paradossali fossero raccontati con incredulità e stupore. No: l'aspetto più divertente è il tono compassato e neutro della magistrale Lois Lowry (reso in modo molto efficace dalla traduzione di Pico Floridi) mentre racconta episodi di una cattiveria indicibile.

La famiglia Sappington

Forse più che continuare a descrivere, vale la pena di fare un esempio.

All'inizio del romanzo i Sappington trovano una neonata abbandonata fuori dalla porta di casa.

"Vorrei tenerla", disse Jane con una vocina timida. "È carina"

"No, non è affatto carina", disse Bernabò A, guardandola.

"Non è carina per niente", confermò Bernabò B.

"Ha i ricci", indicò Jane.

La madre scrutò la bambina; poi infilò la mano nel cesto da lavoro con la lana beige che teneva sul tavolo dell'ingresso. Tirò fuori uun paio di forbicine dorate e le provò, aprendole e chiudendole alcune volte, con aria pensierosa. Poi si piegò sulla cesta e cominciò a tagliare.

"Adesso non ce li ha più i ricci", commentò, e mise via le forbici.

Jane fissò il bebè. Improvvisamente smise di piangere e la fissò con gli occhi spalancati. "Oh, no. Senza i ricci non è più carina", disse Jane. "Mi sa che adesso non la voglio più".

La famiglia Sappington è costituita da due genitori che sognano di disfarsi dei propri figli, e quattro figli che sognano di disfarsi dei genitori, naturalmente gli uni all'insaputa degli altri, e tutto questo genererà una serie di avventure e di intrecci avvincenti ed esilaranti, ma soprattutto di dialoghi cinici, arguti e spiazzanti.

I genitori arrivano al punto di non ricordare i nomi dei figli, o di infastidirsi all'idea che i due gemelli pretendano di avere un maglione a testa, anziché uno condiviso.

Questo disprezzo reciproco, così radicato da diventare caricaturale, ha anche qualcosa di catartico, perché in qualche modo catalizza, ridimensiona e sdrammatizza tutti quei pensieri negativi che inevitabilmente genitori e figli fanno l'uno nei confronti dell'altro. La famiglia Sappington è un libro straordinario da leggere ad alta voce, forse anche per questo motivo.

Dal romanzo è stato tratto anche un film di animazione, che prende il nome dal titolo originale, "La famiglia Willoughby": una pellicola gradevole ma che a mio parere non riesce a esprimere lo humour della scrittura di Lois Lowry. Fa ridere, insomma, ma in modo più sguaiato e meno elegante, facendo diventare a tratti le caricature delle macchiette.

Come accade quasi sempre, "era meglio il libro".




Ci si aspetta in genere che un libro per bambini sia piano e lineare, almeno nel suo primo livello di lettura: che sia chiaro da subito qual è il tema, la direzione che prende la trama.

Non è detto che debba essere così.

Per catturare un rospo magico

Per catturare un rospo magico di Pierdomenico Baccalario e Daniela Demurtas, edito da Camelozampa, spiazza il lettore fin dalla prima pagina per il peculiare rapporto tra testo e immagine: di fatto, sembra che parole e illustrazioni raccontino due storie completamente diverse, in palese rottura, per chi mastica un po' di semiotica, della massima conversazionale di Grice sulla pertinenza.

Proseguendo la lettura, ci si aspetta che queste due strade si incontrino, ma questo non avviene mai, perlomeno non in modo esplicito e non totalmente, lasciando grande spazio alle inferenze compiute dal lettore. Quello che mi piace, di questo approccio, è che si pone di fronte al lettore bambino attribuendogli grande dignità e competenza: lo coinvolge nella costruzione della storia, e allo stesso tempo, attraverso questa operazione, gli insegna moltissimo su come la comunicazione e la narrazione funzionano.

Tornando al contenuto, il testo resta coerente, e fedele al titolo, dall'inizio alla fine, fornendo le istruzioni su come fare Per catturare un rospo magico, appunto: bisogna indossare un cappello viola, farsi accompagnare da un buon amico, conoscere almeno un passaggio segreto...

Le immagini, però, accanto a questa dimensione di gioco e avventura, ne raccontano un'altra, e i più attenti lo noteranno prima ancora di iniziare un libro, già dai risguardi: cosa c'entrano con il rospo magico quelle foto della protagonista col suo cane? E nell'illustrazione che apre la storia, perché vediamo in primo piano il volantino di un cane smarrito?

Per catturare un rospo magico

Proseguendo, queste tracce restano lì, sospese, e per un po' anche a livello visivo l'albo riprende il suo più tradizionale spirito avventuroso, con tanto di mappa-gioco disegnata dai bambini.

Per catturare un rospo magico

Non manca nemmeno il classico percorso in un bosco dalle forme spettrali e dai colori insoliti (Daniela Demurtas interpreta molto bene la dimensione in bilico tra gioco, magia e realtà di questa storia).

Per catturare un rospo magico

Il testo di Baccalario non lo dirà mai, ma dalle immagini scopriamo che la ricerca del rospo magico, capace di esprimere desideri, ha a che fare proprio con la scomparsa della cagnolina, e tutto il non-detto ritroverà infine un senso, sciogliendo una tensione che si fa via via più densa.

Eco la definirebbe probabilmente una vera e propria "passeggiata nel bosco letterario": e come tutte le passeggiate, conta dove ci porta, ma soprattutto quello che ci fa vivere lungo il cammino.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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