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Qual è la prima cosa che diciamo a un amico o un'amica in attesa del primo figlio?

Spesso il primo pensiero va alle notti insonni, alla nostalgia delle serate al cinema, alla mancanza di privacy in bagno, alla difficoltà di trovare il tempo per farsi anche solo una doccia.

È un peccato che non si racconti invece di come i figli ci diano nuovi occhi per vedere noi stessi e le cose attorno a noi, ci portino nuove domande (e anche alcune risposte), ci spingano a essere migliori per diventare esempio e per costruire loro un pezzetto di mondo migliore di quello che abbiamo trovato.

Ogni volta

Lo fa Silvia Vecchini in Ogni volta, una poesia resa albo con le illustrazioni di Daniela Tieni, per edizioni Lapis.

Ogni volta che ti guardo
sei tu che mi apri gli occhi.

Ogni volta

In questo incipit è racchiuso il senso di tutto il libro: quel nuovo sguardo di genitore, filtrato dagli occhi nuovi di un bimbo.

Ogni volta

L'albo procede con la potente anafora raccontata dal titolo, Ogni volta. Racconta come gesti quotidiani (giocare, fare il bagno, abbracciare, uscire di casa) cambino senso, con un figlio, perché trasfigurano l'intera essenza del genitore, come piccole epifanie quotidiane.

Ogni volta

Le immagini, dolci e intense, procedono sempre nella stessa direzione: partono da un mondo reale, quotidiano, quello descritto dalla routine tra genitore e figlio, e poi nella pagina successiva ci trasportano fuori, verso un mondo altro, dove le regole sono sovvertite e ogni elemento assume connotazioni oniriche, di favola e sogno.

Ogni volta

Ogni volta è il messaggio più importante da dare a un neogenitore: una nascita è solo l'inizio di un'avventura straordinaria, che ti porterà in posti di te che non pensavi di conoscere.


Si è sempre stranieri, per qualcuno.

Anche nel proprio paese ci sarà sempre qualcuno a cui sembriamo estranei.

Bilù

Bilù di Alexis Deacon, edito da Il Castoro, racconta questa sensazione, così forte, così dura, con cui i bambini si scontrano molto più degli adulti: lo fanno ogni volta che si ritrovano in una nuova scuola, in un nuovo gruppo, in un nuovo ambiente.

L'incipit è potente, sia dal punto di vista visivo, sia da quello linguistico.

Un'astronave incastonata nel terreno ci racconta di un incidente, e nella luce fredda dell'alba, la piccola Bilù solleva la testa, spaesata. È gialla, con tre occhi e lunghe orecchie: pochi elementi visivi ci dicono già moltissimo sulla sua identità e sulla sua storia, e le parole, sintetiche, semplici ma pesanti come macigni, completano il quadro:

Bilù non doveva trovarsi lì.
Si era persa.

Bilù

La piccola extraterrestre inizia così a vagare, a trovare un posto. Si esprime in una lingua che non è la nostra. È una bambina, Bilù, e come tutti i bambini cerca la sua mamma, cerca dei suoni che le sembrano ricondurla a lei.

Bilù

Ma è sola, e i suoi tentativi di trovare compagnia non vanno a buon fine, quasi sempre a causa degli umani adulti, che non accettano la sua diversità.

Bilù

 

Gli unici ad accoglierla sono gli esseri che più le assomigliano: cuccioli e bambini, i soli ad andare oltre le apparenze, forse a non vedere nemmeno la sua diversità, i suoi tre occhi, il suo colore giallo. In fondo lei è esattamente come loro: ama giocare, e quando ha paura vuole la sua mamma.

E sarà la loro compagnia che Bilù porterà nei suoi ricordi quando finalmente troverà la strada di casa.

Bilù è un albo breve, semplice ma denso di emozioni. La piccola protagonisa conquista il lettore con il suo aspetto curioso e fragile, e gli chiede di accogliere sempre anche chi sembra diverso, perché il nostro cuore batte allo stesso modo.


Chi ha paura della pioggia? Di certo non i bambini, che più dei grandi sono vicini agli elementi naturali e li vivono senza le nostre riserve.

Alice e il bello della pioggia

 Lo racconta questo albo, Alice e il bello della pioggia, di Cinta Villalobos (Pulce edizioni), che più che una storia è una lettera d'amore verso questo fenomeno atmosferico così comune da cui spesso cerchiamo riparo senza goderne le sensazioni.

A partire dalla copertina, in cui le gocce lucide spiccano sul fondo opaco, l'albo ci trasmette la poesia della pioggia, mostrandone le varietà e le sensazioni che procura, attraverso gli occhi di Alice.

Alice e il bello della pioggia

Alice è una bambina che passeggia con un tenero orso, Bubo. Lei ama la pioggia, lui no (e infatti porta sempre l'ombrello).

Alice e il bello della pioggia

Alice ci racconta tutti i diversi tipi di pioggia che conosce, descrive i colori che regala al cielo e poi ci mostra, in un'immagine intensa che ci sembra di sentire fisicamente, il piacere di sentirne l'odore nell'aria.

Alice e il bello della pioggia

Ci fa vedere anche gli altri passanti, che cercano riparo e non la amano, e a vederli sembra davvero che si stiano perdendo qualcosa.

Alice e il bello della pioggia non ha una vera e propria struttura narrativa, ma cattura con le immagini e le sensazioni, invitandoci, la prossima volta, a chiudere l'ombrello, e sentire.

A proposito, avete mai pensato che anche la carta non ama la pioggia e forse si vuole riparare? Provate anche voi a dipingere una

Pioggia di tempera.

Prendete un foglio bianco e ritagliate da un cartoncino un semicerchio (con due alette per incollarlo) e un manico di ombrello.

Alice e il bello della pioggia

Piegate leggermente il semicerchio e incollatelo al centro del foglio dandogli la forma di un ombrello.

Alice e il bello della pioggia

Ora diluite della tempera blu con l'acqua, inclinate il foglio quasi in verticale (io l'ho fissato su un vassoio che poi ho tenuto sollevato su un leggio) e con un contagocce fate cadere dall'alto la vostra pioggia di tempera blu.

Alice e il bello della pioggia

L'ombrello, se ben incollato, riparerà parte del foglio.

Alice e il bello della pioggia

A fine opera, potete incollare nella parte alta delle nuvole di cotone.

Alice e il bello della pioggia


 Infine, potete disegnare un personaggio sotto l'ombrello (o attaccarci una foto, anche vostra).

La pioggia è bella, anche da disegnare.


Quanti modi ci sono per approcciarsi all'arte? Cosa vediamo quando guardiamo un quadro?
Possiamo spiegare la tecnica con cui è stato realizzato, la corrente artistica in cui l'opera si inserisce, cosa volesse esprimere l'autore o cosa suscita in noi. Possiamo anche parlare – perché no? – del suo valore sul mercato.

Perché ai dipinti non servono titoli

Perché ai dipinti non servono titoli, un originale albo dei cechi OndÅ™ej Horák e Jiri Franta, edito da Franco Cosimo Panini, racconta l'arte attraverso tutte queste differenti sfaccettature, anzi: è esso stesso un'opera multiforme, che sfugge alle classificazioni.

È un albo divulgativo, perché contiene molti approfondimenti sull'arte moderna, le sue correnti, i suoi autori più celebri e anche sul valore delle opere artistiche.
Ma è anche un'opera di fiction, perché racconta storie di diversi protagonisti che si intrecciano tra loro. Non solo: queste stesse storie sono raccontate integrando tecniche diverse: brani di testo e fumetti.

Perché ai dipinti non servono titoli

Perché ai dipinti non servono titoli racconta la storia di un nonno e una nonna che accompagnano a una mostra due nipoti, molto diversi tra loro (uno dei due è decisamente più interessato al calcio che all'arte), e che pazientemente raccontano l'importanza dello sguardo di un artista sugli oggetti e le scene che riproduce, il significato di alcune svolte tecniche e stilistiche delle diverse correnti, ma anche il concetto di opera originale e del suo valore.

Perché ai dipinti non servono titoli

Affascinante è la doppia pagina, muta ma brulicante di contenuti e dettagli, che accoglie il lettore all'interno della mostra.
Oltre ai quadri e alle opere oggetto di analisi, sono molte quelle citate semplicemente dalle illustrazioni (le ritroveremo alla fine, in coda al libro).

Perché ai dipinti non servono titoli

Parallelamente, i fumetti ci introducono alla storia di un furto, dall'accordo tra i malviventi fino al colpo, proprio nella galleria visitata dai protagonisti iniziali.

Perché ai dipinti non servono titoli

Mentre scoprono l'utilizzo del colore nell'impressionismo, le pennellate di Van Gogh, gli schizzi di Pollock, i ragazzi si interrogano anche sul concetto di bello, sul significato di un'opera originale rispetto alla sua copia.

E così, in appendice, accanto alla descrizione delle opere citate e a una timeline che comprende opere artistiche in senso lato (si parla anche di musica pop), troviamo anche uno specchietto con i più famosi furti d'arte della storia.

Perché ai dipinti non servono titoli

Ah, un'ultima nota: ai dipinti i titoli servono eccome, e non vi preoccupate: a dispetto del titolo, anche il libro lo spiega.


Ma che cos'è esattamente un pirata?

I bambini li imitano e ne sono affascinati, ma al di là della bandiera nera e della benda sull'occhio, li conoscono?

Sgrunt

"Pirata", per un bambino, a volte è semplicemente una persona un po' solitaria e misteriosa, forse con un passato avventuroso alle spalle. È così per Sgrunt!, agile libro per primi lettori (con font ad alta leggibilità) di Daniele Movarelli e Alice Coppini, per Sinnos.

Sgrunt

Il signor Sgrunt, chiamato così perché sempre scontroso, vive ai margini del paese, e solo Giustino, il protagonista del libro, lo può avvicinare.

sgrunt

Giustino racconta in prima persona, farcendo la narrazione di rapporti e frazioni, la sua passione. Testo e immagini giocano assieme, tra fumetti, brani narrativi e didascalie, che alleggeriscono la lettura.

È un ragazzo solitario, Giustino, spesso preso di mira dai tre bulli della scuola. E Sgrunt, invece, chi è? Nel paese circolano moltissime voci su di lui, e anche Giustino si è creato le sue supposizioni.


Sgrunt

Il libro ondeggia tra episodi reali e altri evidentemente conditi dalla fantasia di Giustino, che immagina scontri a fuoco tra Sgrunt e il suo nemico cow boy in un negozio del paese.

Tra un episodio e l'altro, Sgrunt investe Giustino del titolo di pirata, dandogli il nome di Cuordipatata e regalandogli un baule che sulle prime sembra vuoto, ma poi si rivela contenere una spada. Una spada immaginaria, naturalmente, ma tanto basta a Giustino per radunare il proprio coraggio e riuscire a far fronte ai bulli.


Sgrunt


Tra una lotta e un inseguimento, Sgrunt! racconta in realtà l'incontro tra due generazioni e due solitudini, un percorso di crescita sia per il ragazzo, sia per il vecchio pirata.

"Pirati e cow boy: sempre la stessa storia", spiega l'insolito amico di Giustino: quando si scava dietro una solitudine, si trova sempre l'animo buono di una persona.


Cosa significa possedere? Cosa significa dire "è mio"?
No, non ho intenzione di introdurre i bambini alla filosofia marxista, ma a volte basta una favola a far nascere interrogativi importanti.

Il fato di Fausto
 

Il fato di Fausto, "una favola dipinta" di Oliver Jeffers (così la definisce lui stesso in copertina), recentemente pubblicato da Zoolibri, accompagna con semplicità e con uno stile narrativo antico e moderno al tempo stesso verso questo tema, attraverso la storia dell'avido Fausto, "convinto di possedere ogni cosa".

Il fato di Fausto 

Fausto inizia a girare il mondo e a far valere il suo possesso. Trova un fiore, una pecora, un albero, si pone davanti a loro e semplicemente dice "Tu sei mio", aspettandosi un sì.

E quando questo sì non arriva, Fausto alza il pugno e batte il piede e si infuria e fa vedere a tutti chi comanda. Alla fine, le cose cedono e diventano sue. Ma cosa cambia, per loro? La pecora resta pecora, marchiata solamente da una "F" di Fausto sul suo manto, la montagna resta al suo posto. Solo il fiore, colto da Fausto e infilato nel taschino, sembra avere avuto qualche conseguenza da questo passaggio di proprietà.


Il fato di Fausto
 

Il fato di Fausto è una vera e propria favola, con la sua morale e la tragica punizione che spetta infine al personaggio che non ha mostrato riguardo verso gli altri. Eppure la sua forma narrativa è diversa e originale, non soltanto per le splendide illustrazioni di Oliver Jeffers, i toni caldi contrastati qua e là da tocchi fluo, l'ironia e i dettagli che l'autore sa infilare in ogni tavola. È l'impaginazione stessa a lasciare straniati, con poche parole stampate a grandi caratteri che a tratti sembrano rovinati dal tempo e lasciano ampi spazi bianchi sotto di sé, quasi fossero degli inviti alla riflessione, ad accogliere questa narrazione con i tempi giusti per poterne assimilare il senso.

Il fato di Fausto

Ha qualcosa dei personaggi del Piccolo Principe, Fausto: così adulto, così stereotipato, così concentrato sulla propria ossessione da diventare non persona ma personificazione di un vizio umano.

Il fato di Fausto

Il suo estremo desiderio di possesso lo conduce all'autodistruzione, vinto da un mare che prova a farlo riflettere sul senso del possesso, ma a cui lui sa opporre solamente l'unico linguaggio che conosce, quello della prepotenza.
 
PS: Il fato di Fausto si ispira a un breve scritto di Kurt Vonnegut, riportato in coda al libro, un arguto episodio narrato in ricordo di uno scrittore scomparso, che ci ricorda l'importanza della consapevolezza di possedere abbastanza. In fondo, una delle chiavi della felicità.


Siamo abituati a educare al rispetto delle regole. Ma si può, si deve educare anche alla disobbedienza?

Il tema è complesso e controverso, me ne rendo conto, ma è innegabile che nel tempo siano stati tanti gli atti di ribellione che hanno innescato cambiamenti positivi, e sarebbe sbagliato non raccontare anche questa parte della storia.

 La protesta

La protesta, albo d'esordio della portoghese Eduarda Lima pubblicato da Franco Cosimo Panini con l'efficace traduzione di Giulia Calandra Buonaura, racconta di uno sciopero decisamente sui generis.

Le affascinanti illustrazioni a campiture piene, con gusto serigrafico, tutte sui toni a forte contrasto dei rossi e dei blu, ci mostrano un gabbiano che all'improvviso smette di cantare.

La protesta 

La protesta si allarga progressivamente ad altri uccelli e poi a cani, gatti, insetti. Vengono coinvolti anche gli animali dello zoo e dei più diversi ambienti naturali.

La protesta

Le pagine si susseguono senza altre azioni o accadimenti se non questo spandersi, virale, ancora immotivato, di questa enorme manifestazione globale. Ogni animale aderisce a modo suo: chi smettendo di muoversi, chi di lavorare. Lo sciopero tocca infine anche i bambini, lasciando intendere che sono loro gli esseri umani più vicini alla natura, più dotati di quella sensibilità che li accomuna a un mondo che non sa esprimersi con l'eloquenza del linguaggio e ha perciò bisogno di uno sguardo più calmo, attento ma istintivo al tempo stesso.

La protesta

La protesta arriva sui giornali e sui media, in una doppia pagina di "rassegna stampa", che riprende notizie e titoli, con qualche simpatico riferimento (lo riconoscete, il titolo del famoso albo citato?).

La protesta

Poche pagine dopo, anche il libro non ha più parole.

Sembra quasi che sia l'albo stesso a voler aderire alla protesta. La struttura narrativa resta sospesa: non arriva a una vera e propria conclusione, ma solo al disvelamento del motivo che aveva scatenato tutto questo.

Sono la plastica e l'inquinamento ad aver destato la coscienza degli animali, e lo vediamo in una serie di immagini che ci mostrano un paesaggio indifferente, trasformato e devastato da una presenza umana (ma più ancora industriale) invadente.

In questo finale sospeso risiede a mio parere un punto di debolezza dell'albo, che può però aprire a discussioni, osservazioni e attività, soprattutto in ambito scolastico e prescolare, e trasformarsi in occasione per parlare di educazione civica da un punto di vista inaspettato, opposto al consueto ma altrettanto prezioso.

La protesta degli animali è quella di Greta Thunberg, quella dei miliardi di bambini che si trovano di fronte a una natura che sta sfuggendo loro di mano a causa delle generazioni precedenti. 

È una voca corale, fatta di silenzio ma non per questo meno rumorosa.


Stare con i nonni porta sempre con sé quell'aura di avventura, di esperienza al di fuori dalle consuete regole e anche dalle consuete emozioni.

Temporale

Temporale di Sam Usher, edito in Italia da Clichy, ci racconta una storia di connessione con la natura, una di quelle magie che solo i nonni possono permetterci di sentire.

Temporale fa parte di una "quadrilogia delle stagioni", che Sam Usher ha dedicato a quattro diverse avventure che vedono protagonisti nonno e nipote, insieme a diversi agenti atmosferici (gli altri titoli, non ancora tradotti in Italia, sono Sun, Snow e Rain). 

 E che il vento sia uno dei personaggi del libro lo si vede già dalla copertina, dove le foglie secche sembrano giocare a nascondere le lettere del titolo.

Temporale

La storia, raccontata in prima persona dal nipote, inizia con il suo desiderio di uscire a giocare con il vento. Il protagonista non teme le intemperie, ma le vive con naturalezza e desiderio di scoperta.

Temporale

Corre a chiamare il nonno e insieme si mettono a cercare un aquilone da far volare. Il dialogo e la ricerca di nonno e nipote dentro casa sono intervallati da doppie pagine che ci portano fuori, dove il vento continua a crescere.

Le illustrazioni, che ricordano nello stile quelle di Quentin Blake, amplificano questo effetto portando le foglie di volta in volta sempre più in primo piano: sembra quasi che una di esse voglia superare i confini della pagina.

Temporale

La ricerca è lunga, e ogni volta che uno dei due trova un oggetto, ricorda un episodio vissuto insieme: gite, escursioni, pic nic. Le avventure condivise sono tantissime, e la gioia nel ricordarle è grande. Sembra che i due abbiano costruito un vero patrimonio di momenti trascorsi insieme, da conservare come cose preziose nella memoria.

Il lettore inizia a credere che la ricerca non finirà mai, e che l'albo si risolverà così, con una serie di racconti e di ricordi condivisi, invece l'aquilone alla fine salta fuori, e nonno e nipote lo fanno volare, in una scena che dapprima è semplice e comune.


Temporale

Poi però si ammanta di magia e trasporta i due in una dimensione di racconto fantastica e avventurosa: è vero quella che stanno vivendo? O è solo l'incanto di vivere un momento speciale insieme, che trasfigura la realtà?

Temporale

Non lo sappiamo, e forse non vogliamo nemmeno saperlo.

Nonno, nipote ed elementi naturali hanno giocato assieme, ed è stato bellissimo.



Non siamo gli unici animali a saper comunicare.
Siamo però probabilmente gli unici a saper comunicare l'impossibile.
La costruzione di una grammatica a sostegno del nostro linguaggio ci ha donato la capacità di pensiero astratto, di immaginare  l'inesistente e perfino di comunicare contenuti privi di senso, come la famosa frase "idee verdi prive di colore dormono furiosamente" di Chomsky.
E questo è uno dei molti e troppo trascurati punti di contatto tra lingua e matematica.

Molly e i misteri matematici

È questa capacità di pensare l'impossibile la protagonista di Molly e i misteri matematici di Eugenia Cheng, con le illustrazioni di Aleksandra Artymowska, portato in Italia da Editoriale Scienza, un albo che anticipa già nell'allitterazione del titolo il gusto per la ricerca di forme ricorsive e originali che ritroveremo all'interno.

Eugenia Cheng è un'appassionata divulgatrice che si occupa di matematica e logica e dei suoi concetti-limite, dall'infinito ai paradossi, e in questo libro mette in campo alcune tra queste affascinanti nozioni, trasformando concetti impossibili in immagini e coinvolgendo la protagonista, Molly, in un'insolita caccia al tesoro.

Molly e i misteri matematici

Le pagine spesse nascondono alette da sollevare, come quelle dei messaggi che trova Molly: indizi misteriosi per proseguire nella sua missione.

In ogni pagina, il piccolo lettore è coinvolto in una ricerca o un piccolo gioco e in poche righe vengono spiegati alcuni concetti matematici e geometrici, come i numeri negativi, l'auto-similarità, l'infinito e il calcolo combinatorio.

Molly e i misteri matematici

Molly e i misteri matematici attinge agli studi di Escher, presentando le sue forme impossibili (e spiegando perché le percepiamo in quel modo) e le sue tassellature, e mostrandoci come anche l'arte possa fondersi con la matematica.

Molly e i misteri matematici

Le alette da sollevare ci permettono di risolvere forme, costruire cubi, scoprire frattali, aprire porte su simmetrie che si ripetono all'infinito.

Dei piccoli box finali portano brevi approfondimenti su alcuni dei concetti trattati.

Molly e i misteri matematici

Chi si aspetta un libro sulla matematica resterà sorpreso, ma in fondo la matematica è anche questo: un linguaggio che permette di pensare l'impossibile.

Il nastro di Möbius  

Una figura (solo apparentemente) impossibile però, ve la aggiungo io: è il nastro di Möbius, che prende il nome dal matematico dell'Ottocento che lo ideò e che tanto mi ha affascinato da bambina. Sapete come funziona?

Anello di Moebius

Dovete prendere una striscia di carta e unirne le estremità ad anello, ma solo dopo aver girato di 180° una delle due (ovvero, averle impresso una torsione di mezzo giro).

Anello di Moebius
 
Ora vi aspettate probabilmente di aver ottenuto un normale anello con due superfici, una interna e una esterna, ma se iniziate a percorrerne una con una penna, vi accorgerete che l'anello ha in realtà una superficie sola.

Anello di Moebius

Se provate poi a tagliarlo a metà nel senso della larghezza, non otterrete, come probabilmente vi aspettate, due anelli distinti, ma un unico anello di grandezza doppia.

E se invece lo tagliate partendo da un terzo della larghezza, e continuando dritti?
Non vi tolgo la sorpresa. Vi dico però che questo era il mio effetto preferito.

Divertente, paradossale, artistica: anche questa è matematica. L'avreste mai detto?
 


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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