Nuvole in scatola
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Ho scoperto i Quiet Book su Pinterest e ancora non ho capito perché si chiamino così.
Ho due ipotesi in proposito.
La prima è che si chiamino quiet perché sono dei libri-attività che tengono "quiet" i bimbi per un bel po'.
La seconda è che essendo sostanzialmente di tessuto, feltro o panno, non fanno rumore quando giri le pagine.

La mia conclusione è che chi ha inventato il nome sperava nell'ipotesi uno, ma si è dovuto accontentare della due.

Due anni e otto mesi e sì, ancora abbiamo il pannolino.
(Ok, ammetto che in questo caso l'abitudine tutta materna di declinare i verbi al plurale ha risultati un po' inquietanti. Se per caso ve lo state chiedendo: no, io ho tolto il pannolino trentaenonvelodico anni fa.)

Che si fa? Si legge un libro a tema! E magari ci si inventa anche un gioco.

Funzionerà? No che non funzionerà. Ma sarà divertente lo stesso.

Acciaio inox? Ghisa? Terracotta? No, cartone.

Sono le pentole del Piccolo T.
Certo, non sono propriamente antiaderenti, né adatte ai moderni piani a induzione (tantomeno ai fornelli a gas), ma sulla nostra cucinetta di cartone (ve la ricordate?) funzionano alla perfezione.

E i cibi di feltro non attaccano, anche senza l'aggiunta di grassi.




Vi eravate rilassati con il post precedente, eh?
Nessun materiale da preparare, incollare, ritagliare: bastava aprire quattro cassetti e tutto era pronto.
Ma adesso è giunta l'ora di dimenticare le ferie (ahimè) e applicarsi un po' di più.

Ad esempio, con un progetto che riguarda il primo libro che, a distanza di mesi dalla prima lettura, abbiamo dovuto prendere nuovamente in prestito dalla biblioteca perché il piccolo T lo chiedeva a gran voce.

Il libro è Tutti in coda, di Babalibri, e la prima volta che l'ho aperto mi sono detta: e adesso questo come lo leggo?
Sì, perché tre quarti del libro sono fatti così: un elenco di animali, numerati da 50 a 1, in coda uno dietro l'altro. Alcuni dicono qualcosa, altri no. Alcuni interagiscono tra loro, altri no. Alcuni (quasi tutti) sono animali comuni, altri no (che caspiterina è un vombato?).
Ah, e poi c'è un uccellino che fa da guida e tiene d'occhio tutti quanti.


Insomma: come fare? Leggere il nome di tutti gli animali? Nominare solo quelli che parlano? Cercare di dare un senso alle espressioni di quelli che stanno zitti?
Non lo nego: sul momento, dentro di me, non ho avuto parole gentili per Ohmura Tomoko, l'autore.  Ma tutti me ne avevano parlato bene, e il Piccolo T sembrava entusiasta, così ho continuato, un po' curiosa, in fondo, di scoprire cosa facevano gli animali in coda.

SPOILER ALERT - Gli animali, alla fine, salgono a dorso di una balena, che per loro è una specie di parco giochi vivente. Fa una grande capriola, si immerge sott'acqua e poi – SPLASH! – li fa volare con il suo gigantesco spruzzo.


E devo ammettere che, dopo la prima lettura, mi sono dovuta ricredere. Nonostante le premesse, Tutti in coda è uno dei nostri libri preferiti.
A ogni lettura si scopre un nuovo particolare, ogni volta il Piccolo T si concentra su un animale diverso e quando arriviamo alla balena, ci sembra di salire a bordo e divertirci con tutti gli altri.
E ogni volta, naturalmente, sorgono nuove domande.
A volte non so rispondere ("Mamma, cos'è un vombato?"), altre volte ci provo. Ed ecco come ho provato a spiegare

il grande spruzzo della balena.

Per questo gioco, ho ripreso in mano la mia fidata (ricordate?) sega a traforo. E poi del compensato, della vernice colorata, uno stuzzicadenti da spiedino e della carta.


  1. Per prima cosa, si disegna la balena su un foglio, per poi ricalcarla sul compensato. Non sapete disegnare una balena? E che problema c'è? Ho preparato un pdf scaricabile con la mia.
  2. Ritagliate il compensato. Servono due sagome della balena e due delle sue pinne.
  3. Questo è più difficile (bisogna trovarelo strumento adatto: io ho usato il Dremel 4000, un multiutensile che permette anche di incidere il legno): bisogna scavare, all'altezza dello spruzzo, un piccolo canaletto dove passerà lo stuzzicadenti.
  4. Il canaletto deve essere inciso sulle due sagome in modo da coincidere una volta incollate.
  1. Solo dopo aver incollato le due sagome della balena (altrimenti rischiate che il taglio non coincida) potete ritagliare anche la bocca e levigare i bordi.
  2. Incollate le pinne (io le ho colorate di blu) facendo in modo che la loro base coincida con quella della balena. In questo modo starà in piedi più stabilmente. Aggiungete anche due puntini di colore per gli occhi.
  3. Arriva la parte più facile: fare tanti bei taglietti su una striscia di carta e incollatela attorno al vostro bastoncino
  4. per ottenere lo spruzzo.

Ed ecco qua: spingendo su e giù il bastoncino, vedrete "il grande spruzzo" uscire dal suo dorso.
(Inutile che ve lo dica: essendo di carta, lo srpuzzo durerà sì e no un paio di giorni.  Per fortuna, però, è la parte più semplice da rifare. E la balena è molto carina anche senza.)




Non so se ci avete fatto caso (se ne è parlato poco, in effetti), ma quest'estate non è stata propriamente delle migliori, meteorologicamente parlando.
Se siete mamme, il problema principale non sarà stata la mancata tintarella, o la mancata passeggiata in montagna, o il mancato mojito al tavolino all'aperto (be', quello un po' sì!), ma: "come caspita lo intrattengo mio figlio per l'ennesimo week end chiuso in casa?".

Sì, perché a un certo punto finiscono i giochi e anche i libri e inizia la crisi. E a questo punto che si fa? Si aprono dispense e cassetti.


Se siete superstiziose, procuratevi un vassoio.
(non me ne intendo di superstizione: se il sale cade su un vassoio porta sfiga lo stesso? No, vero?)

Qui si gioca col sale.
E col colore.
E con un libro simpaticissimo, che è anche un gioco, che è anche (se siete mamme nerd come me) una splendida app per iPhone e iPad.
Un "silent book", senza parole, ma pieno di stimoli.


Quando, a quasi un anno e mezzo di età, il Piccolo T chiamava "mamma" anche mio marito, mia madre o mia sorella (ma soprattutto: quando ha chiamato ripetutamente me "nonna"), ho capito che forse era il caso di inventarsi qualcosa.

Tutti i bimbi sono affascinati dalle foto, specialmente dalle foto di qualcuno che conoscono (e ancora di più dalle proprie foto, piccoli vanesi egocentrici che non sono altro!), e così è nata l'idea di un gioco fotografico che lo aiutasse a dare i nomi giusti a tutti i membri della famiglia.


Questo post contiene link affiliati. Cliccando sul link e facendo un acquisto su Amazon, come ho spiegato qui, riceverò una piccola percentuale. Il vostro prezzo di acquisto resterà invariato.   La mia opinione sul libro, invece, è mia e basta, e non ha nulla a che fare con le commissioni. ;)

Ecco perché amo gli appuntamenti in biblioteca di Nati per Leggere: non solo perché mi commuovo a vedere il Piccolo T seduto e attento mentre segue il lettore e la storia, ma anche perché mi permettono di scoprire dei grandi libri, che forse altrimenti non avrei mai trovato, e mi suggeriscono spunti su come leggerli.

Sì, perché un libro può mutare forma se lo si canta, lo si recita o lo si interpreta in modi diversi, e a volte le storie più semplici possono diventare storie eccezionali.



A caccia dell'Orso (link affiliato) l'ho scoperto così: durante una lettura in lingua friulana alla biblioteca del mio paese. Non che il libro esista in versione friulana, sia chiaro, era la lettrice a tradurlo mentre leggeva, con un risultato decisamente efficace.

E dalla brava lettrice di quel giorno ho imparato anche un piccolo trucco (forse scontato, forse no. Non avevo mai visto quel libro prima e non posso sapere come l'avrei approcciato): questo libro va cantato, per farlo diventare un gioco, un rito da fare insieme. Non tutto, ovviamente, ma la filastrocca iniziale sì, per forza.



Sì, perché il libro procede ripetendo più volte la stessa struttura:
  • una filastrocca (è la canzone che sta cantando la famiglia che va a caccia):
    A caccia dell'orso andiamo
    di un orso grande e grosso
    Ma che bella giornata!
    Paura non abbiamo.
  • L'incontro con un ostacolo da superare:
    Oh, oh! Un campo!
    Un campo di erba frusciante!
  • Un'onomatopea che indica l'attraversamento dell'ostacolo.
    Svish Svush! 


E così via, fino all'incontro finale a sorpresa con l'orso.

Chi abbia letto anche solo pochissime volte a un bambino avrà già capito la potenza di questo libro: c'è la ricorsitivà, che rende le situazioni riconoscibili e anticipabili dal bimbo, c'è una storia semplice, ci sono esclamazioni ed emozioni (Oh, oh! Oh, no!) e ci sono anche le onomatopee che rendono "fisica" la narrazione.
Uhm, narrazione fisica, dicevamo? E allora proviamo, per una volta, a raccontare la storia anche con il tatto.


A caccia dell'orso (con le dita).


Bastano pochi materiali, alcune ciotole in cui infilarli, e delle dita curiose che li sappiano attraversare.
E così, come i protagonisti di A caccia dell'Orso (link affiliato) , anche il Piccolo T è passato attraverso:

un campo di erba frusciante
Creato con della carta verde piegata a fisarmonica e poi tagliuzzata con le forbici fino a ricreare i fili d'erba.


un fiume freddo e fondo
Facile, no? Basta una ciotolina con un po' d'acqua.

melma densa e limacciosa
Come rendere l'idea di una melma che ti si appiccica ai piedi-dita? Cercando nel beauty case di mamma e papà. Ho unito ai colori alimentari (ma anche delle semplici tempere diluite con un po' d'acqua vanno benissimo) la mia spuma per capelli e la volta successiva ho provato, con altrettanto successo, con della schiuma da barba. Basta non mescolare troppo, in modo che la melma resti densa e soffice.

un bosco buio e fitto
Che fortuna: quando abbiamo giocato con questo libro, papà aveva appena tagliato il prato. Così è bastato prendere una manciata di steli dal mucchietto d'erba, già un po' seccata al sole, ed ecco un perfetto sottobosco profumato che scrocchia sotto le dita.

una tempesta di neve che fischia
Volevo ricreare non solo la consistenza, ma anche la temperatura della neve. Così ho preso del cotone idrofilo, l'ho spruzzato d'acqua con le dita (senza bagnarlo completamente, altrimenti diventa troppo duro) e tenuto nel freezer per qualche ora. In questo modo la superficie del cotone diventa fredda e rigida, ma permette alle dita di affondare premendo un po', proprio come la neve.

 

E siccome dei giochi, come dei maiali, non si butta via niente, alla fine abbiamo trasformato la melma in una soffice pittura a dita. Perfetta per disegnare mostri viscidi e verdastri.



PS: Alla fine il libro lo abbiamo comprato in inglese (link affiliato) : con la sua musicalità è un perfetto approccio a una lingua straniera. Se volete le prove, cercate qualche lettura su YouTube.

PPS: dimenticavo. Il libro finisce con la famiglia che fugge dall'orso e si ripara nel lettone, sotto il piumone.
Così dopo esservi divertiti con la storia, le canzoni e le onomatopee, avete anche la scusa perfetta per rotolarvi tra le coperte con i vostri piccoli. Evviva le coccole! 


Lo avete mai visto il terribile mostro mangiacapelli?
Dicono sia una creatura leggendaria, ma - si sa - ogni leggenda ha sempre un fondo di verità, quindi fate molta attenzione, perché potrebbe nascondersi anche a casa vostra, e aggirarsi indisturbato divorando tutto quello che gli capita.



Ve lo descriverò bene, così e lo incontrerete potrete riconoscerlo immediatamente.

Come molti altri terribili mostri, il terribile mostro mangiacapelli nasce da un uovo. 

 


I suoi occhi sono rossi, con le pupille blu.


 

Ha capelli dai colori accecanti e orride sopracciglia pelose.

 

E dal naso rosso, escono delle strane appendici che lo tengono legato alle sue terribili fauci.

 

Fate molta, moltissima attenzione, perché il terribile mostro mangiacapelli,
quando è molto affamato, si trasforma in mostro mangiapancia, mostro mangiagambe e - oh oh! -
perfino in mostro mangiaculetto!

 

Questo post contiene link affiliati. Cliccando sul link e facendo un acquisto su Amazon, come ho spiegato qui, riceverò una piccola percentuale. Il vostro prezzo di acquisto resterà invariato.   La mia opinione sul libro, invece, è mia e basta, e non ha nulla a che fare con le commissioni. ;)

"C'era una volta"
"Un re!" – diranno subito i miei piccoli lettori.
Vabbe', stavolta ci siete andati vicini. C'era una volta un sultano.



Un sultano di una storia senza morale, senza evoluzione dei personaggi, senza un esempio per i bimbi. Una storia divertente, però, e questo basta e avanza. E a noi è piaciuta tantissimo.

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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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