Nuvole in scatola
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Non so se ci avete fatto caso (se ne è parlato poco, in effetti), ma quest'estate non è stata propriamente delle migliori, meteorologicamente parlando.
Se siete mamme, il problema principale non sarà stata la mancata tintarella, o la mancata passeggiata in montagna, o il mancato mojito al tavolino all'aperto (be', quello un po' sì!), ma: "come caspita lo intrattengo mio figlio per l'ennesimo week end chiuso in casa?".

Sì, perché a un certo punto finiscono i giochi e anche i libri e inizia la crisi. E a questo punto che si fa? Si aprono dispense e cassetti.


Se siete superstiziose, procuratevi un vassoio.
(non me ne intendo di superstizione: se il sale cade su un vassoio porta sfiga lo stesso? No, vero?)

Qui si gioca col sale.
E col colore.
E con un libro simpaticissimo, che è anche un gioco, che è anche (se siete mamme nerd come me) una splendida app per iPhone e iPad.
Un "silent book", senza parole, ma pieno di stimoli.


Quando, a quasi un anno e mezzo di età, il Piccolo T chiamava "mamma" anche mio marito, mia madre o mia sorella (ma soprattutto: quando ha chiamato ripetutamente me "nonna"), ho capito che forse era il caso di inventarsi qualcosa.

Tutti i bimbi sono affascinati dalle foto, specialmente dalle foto di qualcuno che conoscono (e ancora di più dalle proprie foto, piccoli vanesi egocentrici che non sono altro!), e così è nata l'idea di un gioco fotografico che lo aiutasse a dare i nomi giusti a tutti i membri della famiglia.


Ecco perché amo gli appuntamenti in biblioteca di Nati per Leggere: non solo perché mi commuovo a vedere il Piccolo T seduto e attento mentre segue il lettore e la storia, ma anche perché mi permettono di scoprire dei grandi libri, che forse altrimenti non avrei mai trovato, e mi suggeriscono spunti su come leggerli.

Sì, perché un libro può mutare forma se lo si canta, lo si recita o lo si interpreta in modi diversi, e a volte le storie più semplici possono diventare storie eccezionali.



A caccia dell'Orso l'ho scoperto così: durante una lettura in lingua friulana alla biblioteca del mio paese. Non che il libro esista in versione friulana, sia chiaro, era la lettrice a tradurlo mentre leggeva, con un risultato decisamente efficace.

E dalla brava lettrice di quel giorno ho imparato anche un piccolo trucco (forse scontato, forse no. Non avevo mai visto quel libro prima e non posso sapere come l'avrei approcciato): questo libro va cantato, per farlo diventare un gioco, un rito da fare insieme. Non tutto, ovviamente, ma la filastrocca iniziale sì, per forza.



Sì, perché il libro procede ripetendo più volte la stessa struttura:
  • una filastrocca (è la canzone che sta cantando la famiglia che va a caccia):
    A caccia dell'orso andiamo
    di un orso grande e grosso
    Ma che bella giornata!
    Paura non abbiamo.
  • L'incontro con un ostacolo da superare:
    Oh, oh! Un campo!
    Un campo di erba frusciante!
  • Un'onomatopea che indica l'attraversamento dell'ostacolo.
    Svish Svush! 


E così via, fino all'incontro finale a sorpresa con l'orso.

Chi abbia letto anche solo pochissime volte a un bambino avrà già capito la potenza di questo libro: c'è la ricorsitivà, che rende le situazioni riconoscibili e anticipabili dal bimbo, c'è una storia semplice, ci sono esclamazioni ed emozioni (Oh, oh! Oh, no!) e ci sono anche le onomatopee che rendono "fisica" la narrazione.
Uhm, narrazione fisica, dicevamo? E allora proviamo, per una volta, a raccontare la storia anche con il tatto.


A caccia dell'orso (con le dita).


Bastano pochi materiali, alcune ciotole in cui infilarli, e delle dita curiose che li sappiano attraversare.
E così, come i protagonisti di A caccia dell'Orso, anche il Piccolo T è passato attraverso:

un campo di erba frusciante
Creato con della carta verde piegata a fisarmonica e poi tagliuzzata con le forbici fino a ricreare i fili d'erba.


un fiume freddo e fondo
Facile, no? Basta una ciotolina con un po' d'acqua.

melma densa e limacciosa
Come rendere l'idea di una melma che ti si appiccica ai piedi-dita? Cercando nel beauty case di mamma e papà. Ho unito ai colori alimentari (ma anche delle semplici tempere diluite con un po' d'acqua vanno benissimo) la mia spuma per capelli e la volta successiva ho provato, con altrettanto successo, con della schiuma da barba. Basta non mescolare troppo, in modo che la melma resti densa e soffice.

un bosco buio e fitto
Che fortuna: quando abbiamo giocato con questo libro, papà aveva appena tagliato il prato. Così è bastato prendere una manciata di steli dal mucchietto d'erba, già un po' seccata al sole, ed ecco un perfetto sottobosco profumato che scrocchia sotto le dita.

una tempesta di neve che fischia
Volevo ricreare non solo la consistenza, ma anche la temperatura della neve. Così ho preso del cotone idrofilo, l'ho spruzzato d'acqua con le dita (senza bagnarlo completamente, altrimenti diventa troppo duro) e tenuto nel freezer per qualche ora. In questo modo la superficie del cotone diventa fredda e rigida, ma permette alle dita di affondare premendo un po', proprio come la neve.

 

E siccome dei giochi, come dei maiali, non si butta via niente, alla fine abbiamo trasformato la melma in una soffice pittura a dita. Perfetta per disegnare mostri viscidi e verdastri.



PS: Alla fine il libro lo abbiamo comprato in inglese: con la sua musicalità è un perfetto approccio a una lingua straniera. Se volete le prove, cercate qualche lettura su YouTube.

PPS: dimenticavo. Il libro finisce con la famiglia che fugge dall'orso e si ripara nel lettone, sotto il piumone.
Così dopo esservi divertiti con la storia, le canzoni e le onomatopee, avete anche la scusa perfetta per rotolarvi tra le coperte con i vostri piccoli. Evviva le coccole! 


   
Lo avete mai visto il terribile mostro mangiacapelli?
Dicono sia una creatura leggendaria, ma - si sa - ogni leggenda ha sempre un fondo di verità, quindi fate molta attenzione, perché potrebbe nascondersi anche a casa vostra, e aggirarsi indisturbato divorando tutto quello che gli capita.



Ve lo descriverò bene, così e lo incontrerete potrete riconoscerlo immediatamente.

Come molti altri terribili mostri, il terribile mostro mangiacapelli nasce da un uovo. 

 


I suoi occhi sono rossi, con le pupille blu.


 

Ha capelli dai colori accecanti e orride sopracciglia pelose.

 

E dal naso rosso, escono delle strane appendici che lo tengono legato alle sue terribili fauci.

 

Fate molta, moltissima attenzione, perché il terribile mostro mangiacapelli,
quando è molto affamato, si trasforma in mostro mangiapancia, mostro mangiagambe e - oh oh! -
perfino in mostro mangiaculetto!

 

"C'era una volta"
"Un re!" – diranno subito i miei piccoli lettori.
Vabbe', stavolta ci siete andati vicini. C'era una volta un sultano.



Un sultano di una storia senza morale, senza evoluzione dei personaggi, senza un esempio per i bimbi. Una storia divertente, però, e questo basta e avanza. E a noi è piaciuta tantissimo.

Trattenere il respiro: no, l'argomento non sono i pannolini da cambiare.
Il vostro fiato servirà per  sfidare vostro figlio a una gara di soffiabirinto, il gioco perfetto per le giornate di pioggia.

Soprattutto perché per costruirlo bastano pochissime cose, tutte facilmente reperibili in casa.

Iniziamo?



Qui siamo nel pieno dei terrible two.
Il Piccolo T, affettuoso, coccolone e sorridente, di tanto in tanto si trasforma un un coso urlante che si irrita per ogni singola cosa che non va esattamente come dice lui.

Bisogna insegnare a "gestire le emozioni", dicono.
Dovrebbe provare a verbalizzarle, chiamarle per nome, insegnare loro a riconoscerle, dicono.

Facile dirlo, coi figli degli altri, dico io!

Vi ricordate il mio consiglio per tutte le mamme?
Datevi alla bottiglia!
In questo post avevo descritto le bottiglie sensoriali preferite dal Piccolo T,  giochi semplici per stimolare e coinvolgere (e forse, a volte, calmare) i bimbi più piccoli.

Ne mancava una, però: quella preferita dalla mamma! È stata la più impegnativa da creare, e anche quella che il Piccolo T si è filato di meno. Ma ve la racconto lo stesso, perché è quella che ha dato più soddisfazione a me.


Non è che io abbia propriamente un accento british.
Diciamo che l'inglese l'ho imparato, più che a scuola o viaggiando, con la visione integrale (10 stagioni, e per ben due volte) del cofanetto di Friends in lingua originale.
E visto che ogni volta mi dico "se solo l'avessi imparato prima e meglio", vorrei provare a rimediare ai miei errori almeno col Piccolo T. Quindi da noi, per quanto possibile, i cartoni si guardano in inglese e ogni tanto, in inglese, ci leggiamo anche qualche libro, seppur con la mia imbranatissima pronuncia "scolastica". Meglio di niente, no?


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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