Nuvole in scatola
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Da Sherazade in poi, la letteratura (e ancor più quella per bambini) ha più volte messo in scena personaggi che si salvano grazie a un libro, a volte affabulando il nemico, a volte traendone una sapienza vitale.

E in fondo un lettore forte sa bene quando un libro possa salvarci, in moltissimi modi.

Forte più di un orso

Forte più di un orso di Helme Heine, edito da Lupoguido, ce ne racconta più di uno.
Nel corso della storia, il libro diventa protagonista come oggetto e anche per il suo contenuto.

Forte più di un orso

L'albo si apre sulla figura dell'orso, un orso fortissimo e prepotente, che fa tremare gli animali del bosco.
E poi c'è Nina, che non ha paura dell'orso e continua a leggere il suo libro, senza lasciarsi piegare dalle minacce dell'animale:

"Perché non hai paura di me?" si sorprese l'orso. "Sono l'orso più forte del mondo!"
"L'orso nel mio libro è più forte di te" lo contraddisse Nina.
L'orso, inizialmente diffidente, dovrà dare ragione a Nina sul "potere" di questo libro, che prima lo ripara dalla pioggia, poi lo protegge dalla freccia di un "indiano" (chiamato così nel testo).
 
Forte più di un orso

Il libro diventa quindi elemento di salvezza prima di tutto nella sua materialità di oggetto con delle pagine e – soprattutto – una copertina bella rigida, ma è solo un modo per aprire la porta alla sua vera forza: quella delle storie che contiene, che riusciranno a modificare il rapporto tra Nina e l'orso e non solo.

In un contesto che rischia facilmente di cadere nel "libro a morale", Forte più di un orso si fa forte di un tratto scanzonato e quasi vignettistico, soprattutto nell'illustrazione: impossibile non ridere vedendo l'orso che solleva un elefante per fare i suoi esercizi mattutini! Altrettanto divertenti sono le espressioni del protagonista, dall'aspetto cattivo ma che nasconde una tenerezza "da orsacchiotto".

La sfida sottesa alla storia è una tra le più antiche, quella tra la mano e la testa, tra la forza bruta e la parola.
E non spoilero nulla nel dirvi che, anche questa volta, il libro vince.


La festa di Halloween non è qualcosa che ha a che fare con la morte e la paura, bensì con la nostra capacità di esorcizzarle, di renderle allegre, di riderci su.

scheletri

In questo sono sicuramente dei maestri (o forse dovrei scrivere "sono stati", perlomeno come coppia, dal momento che solo lui è in vita) i coniugi Janet and Allan Ahlberg, creatori di Scheletro grande, Scheletro piccolo e Scheletro cane, che abbiamo già conosciuto (e amato moltissimo!) in Ossaspasso.

Nell'ultimo mese (in tempo per Halloween!) Camelozampa ha edito altri due titoli di questa serie, illustrata da André Amstutz, nei quali ritroviamo lo spirito scanzonato e leggero di questi tre personaggi, morti ma vivacissimi.

Scopriamo in entrambi qualcosa di sapientemente curato: il tormentone che torna ma allo stesso tempo stupisce. La ripetizione con variazione è uno dei meccanismi più amate dai bambini: permette di riconoscere e anticipare le frasi ma allo stesso tempo di sorprendere con l'introduzione di un elemento inaspettato.

E così in questi due albi ritroviamo quella sorta di filastrocca, quell'introduzione molto ritmata che nel primo libro apriva la storia, ma ogni volta con qualcosa di nuovo.

Il negozio di animali

 

In Il negozio di animali è l'abbaiare di un cane che interrompe ogni singolo verso:

In una strada – Bau! – scura scura
c'era una casa – Bau! – scura scura.
Dietro la casa – Bau! – scura scura
c'era un giardino – Bau! – scuro scuro.

Questo fastidioso intermezzo (divertente da leggere ad alta voce) rappresenta anche la molla che dà il via alla storia: Scheletro grande e Scheletro piccolo sono infatti stufi di Scheletro cane: troppo rumoroso! Per questo provano a scambiarlo al negozio di animali.

Il negozio di animali

Provano con un pesce – troppo noioso –, con un pappagallo – troppo dedito alle parolacce –: tutti hanno qualcosa che non va. E tutti, naturalmente, fanno ridere di gusto il lettore.

Il tormentone ritorna ancora in La gatta nera.
La filastrocca stavolta non è interrotta, ma cambiano ad ogni verso gli aggettivi, sempre ripetuti a due a due: riconosciamo la formula, ma ne vediamo anche l'evoluzione. Anche questa volta, preziosa è la traduzione di Chiara Carminati.

In una città scura scura,
nella notte fredda fredda,
sotto stelle mille e mille

In questo scenario da favola (saranno le illustrazioni riquadrate, ma sembra di stare in una palla di neve!) si svolge una storia buffa e movimentata, che gioca su una delle caratteristiche più curiose di questi personaggi: la possibilità di "perdere dei pezzi".

La gatta nera

E così, scivolando sulla slitta, ogni volta uno dei protagonisti perde qualche osso e si deve recare in "osseria" per cambiarlo. Sì, perché – nuovo tormentone:

Una gamba bianca nella neve
è difficile da trovare.
Ma una gatta nera è facile.

La gatta nera

Già, ma cosa ci fa una gatta nera, lì?
Inutile dire che scatenerà un finimondo, e il suo colore avrà un ruolo chiave nel finale.

Il negozio di animali e La gatta nera ci riportano in questo mondo fuori dal mondo, dove gli scheletri giocano come bambini e i bambini non possono che ridere insieme a loro.


   

Lo so che anche voi avete giocato con le dita, facendo di indice e medio le due gambe di un omino immaginario. Le mani sono il nostro strumento principale del "fare", protagoniste di ogni nostro gesto, dalle carezze al cibarsi, dal lavoro al divertimento.

Ci fermiamo così poco a osservarle, a vedere cosa "fanno"!

La danza delle mani

Con La danza delle mani, di Franco Cosimo Panini, Tullet gioca con loro, creando un'opera che è a metà tra un esperimento di sinestesia, un esercizio di motricità fine e, come dichiarato dal titolo, una danza.

Non è il solito albo di Tullet nel quale (come in Un libro o Colori) il libro risponde come per magia alle azioni del bambino: qui sono le azioni stesse ad essere il fulcro delle pagine, e il libro è come una guida che fornisce le istruzioni per realizzare ogni movimento.

La danza delle mani

Si inizia appoggiando la mano sul foglio e muovendola piano, come per prendere consapevolezza gradualmente del movimento di ogni sua parte.

Pagina dopo pagina, il libro invita a saltellare sui pallini disegnati, ma anche a compiere evoluzioni in aria, a planare, volare, girare.
La mano diventa uccello, foglia che scende cullata dal vento, ballerina che danza nell'aria.
 

Più che in altri albi, serve qui la guida di un adulto (o un bambino molto libero da freni e pronto a inventare i movimenti!), non solo per leggere ma anche per interpretare i movimenti suggeriti dal testo.

Tuttavia, una volta che si è presa mano (per l'appunto!), leggere La danza delle mani diventa un momento liberatorio, catartico, ideale per immergersi nel movimento e nell'autopercezione, per prendere consapevolezza del corpo e per lasciare andare la mente agli abbinamenti sinestetici suggeriti dalle pagine, con i movimenti che prendono di volta in volta una forma e un colore diverso.

Sarebbe interessante approcciarsi a La danza delle mani con un accompagnamento musicale, anzi, con più d'uno, per scoprire le differenze di ritmo e melodia.

Il libro è coreografia, tutto il resto è espressione.


     

Il problema del distacco tra mamma e bambino non è tanto lasciare andare la mamma, quanto l'incertezza su quello che succederà dopo: torna? ma quando?

brava mamma pinguino

È quell'incertezza che si ritrova tra le pagine di Brava, mamma Pinguino!, l'ultimo albo uscito per Edizioni Lapis, di Chris Haughton, che si concentra su una specie dalla caratteristiche particolari.

È noto infatti che nei pinguini (perlomeno nel Pinguino Imperatore) è il maschio a covare, a restare con l'uovo, mentre la femmina va a pesca. Da questo aspetto etologico, Chris Haughton costruisce una storia moderna, che normalizza la realtà di molte famiglie in cui è la mamma a lavorare più del papà.

brava mamma pinguino

Quando mamma pinguino si allontana, il piccolo è preoccupato: dove sta andando?
Il papà però lo rassicura e insieme a lui segue da lontano le avventure della mamma, le sue acrobazie, il nuoto, i salti e infine i pericoli che dovrà affrontare per riportare il pesce a casa.

Come spesso accade nei libri di Chris Haughton, le immagini si accompagnano con onomatopee che rendono più viva l'azione, e il ritmo della narrazione cambia, rallenta e accelera secondo la concitazione dei fatti: vediamo così quattro illustrazioni in una sola pagina quando seguiamo la mamma nella fase più "adrenalinica" della sua pesca, e una sola grande immagine, avvolgente nella sua inquadratura ravvicinata, quando mamma e piccino si ritrovano.

brava mamma pinguino

Il punto di vista è sempre quello del piccolo pinguino, che la guarda da lontano (e la mamma non manca di salutarlo, passando), e l'albo alterna le immagini della mamma con quelle di papà e piccolo, che da lontano commentano le sue gesta, quasi come fossero spettatori di una partita.

Il piccolo è orgoglioso della sua mamma, ma il tormentone dell'albo (quello che rende ancora più piacevole la lettura, ma anche quello che racchiude il senso stesso della storia) è nella sua frase, che ripete sempre:

"Però poi torna, vero?"

 

brava mamma pinguino

Sì: la mamma torna sempre, ed è questo che rende accettabile il distacco, anche nei più piccoli (dai 2 anni) ai quali questo albo è rivolto.
 

E se state immaginando un albo dinamico, sì, ma dal finale sdolcinato, ricordatevi che Chris Haughton non manca mai di aggiungere un pizzico di umorismo alle sue storie (il finale, però, ve lo lascio scoprire da soli!).


Vi è mai capitato, giocando o parlando con un bambino? A volte una loro domanda non è davvero una domanda, ma un desiderio di sentirsi dire esattamente la risposta che hanno in mente loro.

È uno dei motivi per cui la fase dei "perché" a volte per un adulto è così estenuante: il bambino non si ferma finché non ha la risposta che desiderava, che spesso non è quella che volete dargli voi.

il leone e ellen

È un meccanismo che in parte rivediamo in Il leone e Ellen, seguito altrettanto riuscito di Ellen e il leone, di Crockett Johnson, edito in Italia da Camelozampa con la splendida traduzione di Sara Saorin. 

Anche in questa raccolta di racconti restiamo sulla soglia tra gioco, realtà e fantasia (se non conoscete il primo libro della serie, vi invito a leggere la mia recensione, ma soprattutto a leggere il libro!): Ellen non ammette mai apertamente che sta parlando a un leone di pezza, lo tratta da animale vero, ma da molte finestre il racconto lascia  intravedere la sua consapevolezza di trovarsi dentro un gioco.

il leone e ellen

Questa consapevolezza arriva a picchi gradevolmente paradossali quando, nel primo racconto di questa nuova raccolta, Ellen chiede al leone di raccontarle la sua storia.

Il leone non ricorda altro che lo scaffale del negozio di giocattoli, dove si trovava quando Ellen lo aveva scelto e portato a casa, ma la bambina lo sprona a raccontare della sua vita precedente, delle sue avventure nella foresta con iene e alligatori, una storia che lui nega, e che è evidentemente Ellen a inventare per lui.

Il corto circuito è potente: è proprio il leone di pezza, che non ha coscienza, a voler ridare coscienza a Ellen, a riportarla alla realtà.

il leone e ellen


L'ambivalenza del leone prosegue lungo tutti i racconti, ad esempio nell'episodio in cui Ellen lo porta a scuola e usa la sua coda come pennello per dipingere: un gesto che non si farebbe mai con un animale vero, ma che ora i due ricordano insieme, raccontandosi l'episodio come farebbero due vecchi amici.

Il leone è compagno di giochi, ma anche capro espiatorio delle marachelle di Ellen:

""È coraggioso da parte tua prenderti la colpa" gli disse.
[...] "Sei sicuro che non ti importa?"
"Certo che non mi importa" disse il leone. "Sono coraggioso come un leone".
"Un leone di pezza" osservò Ellen.
"Sì" disse il leone. "I leon di pezza sono i più coraggiosi di tutti".

Forse ancor più che nella precedente raccolta, Il leone e Ellen si gioca sul filo tra credulità e incredulità, tra realtà e immaginazione, tra consapevolezza e voglia di restare inconsapevoli, con un effetto spesso comico, e comunque affascinante.

Ellen "usa" il leone, parla con lui nel modo in cui un bambino rivolge un "perché" a un adulto: per affremare se stessa e il suo modo di pensare, di credere, spesso anche per giustificarsi (vi ricordate? lo faceva anche Tom con Pippo, in un albo della stessa casa editrice, dedicato ai più piccoli).

Anche per noi che leggiamo il leone è vero e finto al tempo stesso, e in fondo è questo il bello di tutte le storie in cui ci immergiamo: sappiamo che è solo immaginazione, ma mentre le attraversiamo facciamo finta di no.


C'è sempre una soluzione non-violenta alle cose.
O almeno, è quello che cerco di insegnare sempre ai miei figli (soprattutto quando si picchiano tra di loro!).

Lo pensano anche Pettson e il suo gatto Findus, i due strampalati, irresistibili personaggi nati dalla penna dello svedese Sven Nordqvist e pubblicati in Italia da Camelozampa con la traduzione di Samanta K. Milton Knowles.

Pettson e Findus - Caccia alla volpe

Dopo averli conosciuti in Una torta per Findus  (ve ne avevo parlato qui) li ritroviamo oggi in Caccia alla volpe, ed è come incontrare due vecchi amici che ci mancavano. Non possono non mancare i modi gentili di Pettson, la sua originalità, la sua sbadataggine compensata dall'arguzia del suo gatto.

Pettson e Findus - Caccia alla volpe

Questa volta c'è di mezzo una volpe che se ne va in giro a uccidere le galline. E c'è di mezzo il burbero vicino Gustavsson, pronto a cacciarla con tanto di cane e fucile. Ma Pettson e Findus credono esista un'altra via:  
 

"Alle volpi non bisogna sparare. Bisogna ingannarle. Io lo faccio sempre", disse Findus.
 
E così mettono in azione il loro piano, un progetto articolato al quale Findus, forse più per vezzo che per reale utilità, aggiunge continuamente dettagli. Tutto ha inizio dalla costruzione di una finta gallina ripiena di pepe, che dovrà spaventare la volpe. Sono le galline stesse ad essere coinvolte nel piano, donando a Pettson le loro piume.

La pianificazione è concitata e ricca di dettagli, suggerimenti, svolte in corso d'opera: il piacere della costruzione della trappola è probabilmente più grande della sua messa in atto, proprio come quando un bambino costruisce una capanna e poi non ci vuole più giocare.

Nelle illustrazioni, Pettson e Findus si moltiplicano: ogni pagina racchiude una sequenza di eventi in un'immagine sola, come se l'attività fosse così frenetica da non dare il tempo di girare pagina per seguirla.

Pettson e Findus - Caccia alla volpe

I dialoghi, con i siparietti tra i due protagonisti che si ripetono sempre uguali a se stessi, mantengono quell'ironia gentile che ce li ha fatti amare. Ci godiamo la storia e il finale scoppiettante (letteralmente!), ma soprattutto ci godiamo Pettson e Findus: due amici che non smetteremmo mai di ascoltare.


Vivere al Polo Nord è roba da gente solitaria: pochi vicini, poche possibilità di spostarsi da un posto all'altro. E pensate a quanto può essere difficile festeggiare un compleanno!

compleanno al polo nord
 

È da questo presupposto che Compleanno al Polo Nord, di Nora Brech, edito da Terre di mezzo, racconta una storia affascinante di viaggi ed esplorazioni.

Ida, l'orsa bianca protagonista dell'albo, vuole festeggiare ma dopo aver apparecchiato la tavola si accorge di essere sola, e anche quando prova a urlare per chiamare qualcuno, non c'è nessuno a risponderle.

compleanno al polo nord

È così che prende una mongolfiera e inizia il viaggio: toccherà terre e mari, boschi e foreste, fiumi e montagne, e ogni volta troverà qualcuno da invitare: balene, topini, pipistrelli, coccodrilli, capre e pinguini (tutti accolgono l'invito con entusiasmo!).

compleanno al polo nord

La storia è tutta qui: un viaggio alla ricerca di invitati per popolare la propria festa, ma come in ogni viaggio che si rispetti, il fascino di questo albo non è nell'arrivare da qualche parte, ma sta tutto nel percorso: le grandi pagine bianche in cui la mongolfiera campeggia, portata dal vento, con una sensazione di vuoto, di brivido di scoperta e di allerta, si alternano a tavole più piene, in cui esplorare i diversi ecosistemi alla ricerca degli animali del luogo.

compleanno al polo nord

Cambiano i colori, le densità, le atmosfere, ora misteriose, ora rilassanti, ora giocose, e il bambino lettore si sente trasportato con Ida, nel mondo.

Anche gli animali cambiano: a volte sono presenza mimetizzate nell'ambiente, a volte, come la volpe, hanno case e comportamenti antropomorfizzati, altre volte, ancora, stanno semplicemente al loro posto, sul ramo di un albero o immersi nel mare.

Una nota di merito va nel collocare i pinguini dove stanno davvero, al polo sud, al contrario di molti albi che li piazzano al nord insieme agli orsi.

Compleanno al Polo Nord Ã¨ un albo sempre uguale a se stesso, che ripete numerose volte la medesima struttura (il viaggio e poi l'invito), ma al tempo stesso mutevole, e il bimbo attende ogni sosta e la sua nuova illustrazione in cui viaggiare.


Settembre è un mese che guarda al futuro, quello in cui iniziano i progetti nuovi al lavoro e i bambini iniziano una nuova classe, a volte una nuova scuola.

Li guardiamo e ci chiediamo cosa diventeranno da grandi, se il percorso scelto con loro e per loro è quello giusto. 

E i bambini? Se lo immaginano cosa faranno "da grandi", o per loro "da grandi" è proprio ora, questo momento, in cui ritrovano già cresciuti rispetto a pochi mesi fa?

susy bell da grande faro

Ecco, è con questa visione che vorrei augurare un buon inizio a tutti, e per farlo ho scelto Susy Bell. Da grande farò... di Kenneth Wright e Sarah Jane Wright, edito in Italia da Lapis.

Susy è esplosiva e impaziente, e come succede a molti bambini, quando ha un'idea vuole metterla in azione subito. 

"Orso, abbiamo un'emergenza!"

dice allora al suo amico, quando stabilisce che è tempo di decidere cosa farà da grande, anche se è evidente che al suo "essere grande" manchi ancora un bel po'.

E così trascina nel "pensatoio" di orso tutta la sua banda di amici (un coccodrillo, una gru, un maialino), e tra un libro e l'altro trova l'illuminazione: sarà una cantante lirica!

susy bell da grande faro

Ognuno fa la sua parte per preparare tutto ciò che serve, finché la fantasia di Susy prende vita.

susy bell da grande faro

Ma subito dopo cambia idea: vuole fare l'inventrice, anzi, no, la botanica, oppure l'astronauta... ogni volta la macchina organizzativa si mette in moto e la strada verso il futuro che Susy desidera sembra spianata, con immaginazione e frenesia e, ogni volta, con risultati strabilianti.

L'albo non distingue sogni e realtà ma interpreta benissimo la passione di Susy, e lascia intendere che dietro ogni strada ci sia un lavoro da fare, anche se lì, tra una fantasia e l'altra, sembra tutto semplice e tutto possibile.

Forse, prima, è meglio che Susy faccia semplicemente la bambina.
È questo l'augurio che faccio a tutti, in questo settembre che sta per finire.


C'è uno strano fenomeno nei bambini più piccoli: da un lato percepiscono come sé anche quello che non lo è, come quando pretendono che l'adulto di riferimento sia a loro completa disposizione; dall'altro estromettono parti di sé, vivendole come altro da sé.

"Non sono stato io, è stata la mia mano", è la scusa che mi sono sentita dire più volte dopo che un oggetto era finito per terra.

Tom e pippo combinano un guaio

È così anche in Tom e Pippo combinano un guaio, il primo della serie di albi di Helen Oxenbury dedicati a questi due protagonisti che Camelozampa ha riportato in Italia dopo una lunga assenza, con l'efficace traduzione di Sara Saorin, nella collana per piccolissimi curata da Silvia Blezza Picherle e Luca Ganzerla.

Pippo è la scimmietta di pezza di Tom: una figura inanimata sulla quale il piccolo proietta però i propri pensieri.

E così, quando Tom, che vuole imitare il suo papà in tutto, prende il pennello e dipinge il muro proprio come aveva fatto lui, la colpa ricade sul pupazzo: 

Comunque è stato Pippo a dirmi che dovevamo aiutare il papà, Allora mi sono dovuto arrabbiare con lui.
 E il ditino alzato di Tom ricalca esattamente quello con cui il padre lo aveva sgridato poco prima, in perfetta sintonia con il suo gioco simbolico.

In poche pagine, Tom e Pippo combinano un guaio racconta moltissimo: momenti di vita quotidiana e momenti più insoliti, i gesti del bimbo che segue il padre in ciò che e poi quelli rivolti alla scimmietta Pippo, in cui è il bambino a farsi padre a sua volta. La semplicità di questo albo nasconde meccanismi cognitivi ed emozionali che dimostrano la profonda conoscenza che la Oxenbury ha dei bambini, in un libro tutto da maneggiare.

Tom e pippo combinano un guaio

Pur non essendo cartonato, Tom e Pippo combinano un guaio ha una copertina rigida e un formato decisamente grande rispetto al contenuto, con pagine resistenti dai bordi stondati: sembra nato per finire nelle mani di un piccolo, per lasciarsi esplorare come Tom esplora la vita, insieme a Pippo, dando ogni tanto la colpa a lui qundo ne combina una delle sue.


C'è spesso qualcosa di consumistico nell'adozione di un animale domestico: il suo status di regalo (di Natale, di compleanno), l'analisi che si fa prima di sceglierlo, valutando sesso, razza o taglia, e infine la sua scelta (in allevamento o in una struttura come un canile o il gattile), quasi si fosse davanti a uno scaffale.

Accogliere in casa un cane o un gatto è per alcuni versi come acquistare un oggetto, finché l'animale non diventa a pieno titolo parte della famiglia, con la sua presenza costante e la sua personalità, unica.

Il gattolaio

Il gattolaio, di Stella Nosella ed Evelise Obinu, Terre di Mezzo editore, affronta in qualche modo entrambi i lati di questo tema, con una delicata ironia che diventa calore.

Il "gattolaio" non vende gatti: li crea, su misura.
Ogni bambino entra, descrive al gattolaio ciò che vuole e poi esce soddisfatto. Mai un gatto è stato restituito.


Il gattolaio
 
Piccola digressione: trovo che la parola "gattolaio" abbia un suono bellissimo. Sa di bottega artigiana e di fumetto. È ironico e romantico al tempo stesso, proprio come lo spirito di questo albo.
E tutto il testo ha il sapore di questa parola, come quando il personaggio viene descritto mentre raccoglie qua e là nel suo negozio campanellini ed erba gatta. E così pure le illustrazioni, con occhi divertenti da fumetto e dettagli romantici di edera che si arrampica sulle insegne dei negozi.

E poi un giorno dal gattolaio arriva lui: un bimbo dalle idee molto chiare, che gli consegna istruzioni precise e dettagliate sul pelo, i gommini, ma anche sul carattere.
Ma il gatto, questa volta, non va bene. Non è il "suo" gatto, quello che il bambino ha perso.

Il gattolaio
 
E così, con levità e dolcezza, Il gattolaio introduce il tema della morte, della perdita, dell'impossibile sostituzione. Racconta un dramma con un sorriso e una prospettiva originale, e con un finale che lascia una porta aperta al futuro.

Lì, in quel punto della narrazione dove sul gioco creativo dell'artigiano fabbrica-gatti si innesca il sentimento di un bambino con il carico della sua perdita, proprio lì l'albo mostra e dimostra quel punto di svolta, quello in cui l'animale domestico non è più un oggetto di consumo ma un amico, un elemento della famiglia.

Qualcosa che puoi anche acquistare, ma non diventa tuo, perché appartiene solo a se stesso, ed è soltanto l'amore che può legarlo a te.


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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