Nuvole in scatola
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Se c'è una cosa che non smette di stupirmi dei bei libri (quelli per bambini come quelli per adulti) è la capacità di creare immedesimazione anche con personaggi molto diversi da noi.
Chi legge sa che può diventare uomo, se è donna, sportivo, se è sedentario, perfino ladro, anche se è onestissimo. E naturalmente, può diventare un animale, come un gorilla.


Le vie dell'immedesimazione sono generalmente due: una storia avvincente, che fa dimenticare le differenze tra lettore e protagonista, oppure somiglianze insospettabili.

Buonanotte, gorilla!, famosa opera della statunitense Peggy Rathmann, (ri)edito di recente da Lupoguido, percorre quest'ultima strada, e lo fa con una semplicità disarmante.


La storia è quella del guardiano di uno zoo che la sera dà la buonanotte a tutti gli animali. Nei suoi gesti vediamo la stanchezza, ma anche un certo affetto verso tutti loro, dal momento che si sofferma a salutarli uno per uno.

Il gorilla, però, con il suo sguardo furbetto, ruba le chiavi al custode, troppo assonnato per accorgersene, apre la propria gabbia e poi lo segue, aprendo anche tutte le altre poco dopo ogni suo saluto.


E così vediamo una lunga coda di animali – una giraffa, un elefante, un armadillo e altri ancora – seguire l'ignaro custode fino a casa, proprio di fronte all'entrata dello zoo.


E quando la moglie spegne la luce e gli dà la buonanotte, sorpresa!
Nella tavola completamente nera spiccano tanti fumetti bianchi che rispondono "buonanotte" (un effetto comico riuscitissimo, ripreso anche nei risguardi del libro): gli animali fuggiaschi sono un po' ribelli, ma molto educati!

La moglie sgrana gli occhi, ma non si perde d'animo. Si direbbe che non è affatto la prima volta che vive questa scena. Prende per mano il gorilla e riaccompagna gli animali – che seguono ubbidienti in fila indiana – nelle loro gabbie.
Ma il gorilla si libera ancora. Con un dito davanti alla bocca e lo sguardo che sfonda la "quarta parete", chiede la complicità dei lettori, mentre si infila di nuovo nel letto del custode e di sua moglie.

Buonanotte, gorilla! è un albo fatto di pochissime parole e di immagini molto eloquenti, e non è affatto difficile riconoscere in quel gorilla e in quello zoo i nostri bimbi che, messi a letto, cercano scuse e stratagemmi per infilarsi nel lettone di mamma e papà. Il riconoscimento del proprio comportamento in quello di un animale selvaggio è al tempo stesso umoristico e catartico, e l'albo risulta così tenero e comico allo stesso tempo, e si fa godere come solo i libri belli sanno fare.

Al minimalismo verbale della storia si affiancano immagini ricche di dettagli, che permettono più livelli di decodifica: se a una prima lettura ci si soffermerà sulla storia, nella sua semplicità, nelle successive si potranno esplorare le illustrazioni alla ricerca di piccoli indizi, come gli elementi bambineschi (palle, pupazzetti, biberon) presenti in ogni gabbia, o le foto di famiglia in casa del custode, dove vediamo gli animali come fossero figli della coppia.


Un libro perfetto per dare la buonanotte, nel lettone o nel lettino che sia.


E per proseguire il gioco dell'immedesimazione... mettete i bimbi in gabbia!
No, non davvero (e se passano i servizi sociali, non sono comunque stata io a suggerirvelo!), ma per gioco. Vi serviranno un tavolino, un sacco della spazzatura e un po' di nastro adesivo.


Tagliate tante striscioline nere e fermatele a mo' di sbarre a terra e poi sul lato superiore del tavolo.


Lasciate un'apertura da un lato del tavolino e fate entrare le vostre belve!


Non servirà nemmeno rubarvi le chiavi per evadere e finire nel lettone. Soprattutto se siete così stanchi, dopo aver tenuto a bada un intero "zoo" per tutto il giorno.





È più o meno a due anni che il bambino inizia ad approcciarsi al gioco simbolico, a quel "far finta di" che lo fa compiere azioni simili a quelle che compiono gli adulti attorno a lui.
Strumenti del gioco simbolico possono essere dei giochi pensati e prodotti ad hoc (la cucina giocattolo), strumenti reali ma usati per finta (una pentola vera, ma senza il gas) oppure oggetti quotidiani che ricordano nella forma lo strumento che sono chiamati ad imitare (stelle filanti per fare gli spaghetti).

No, aspettate: c'è un quarto stumento che avevo dimenticato: un libro.


Coniglietto fa il bagnetto è un perfetto esempio di gioco simbolico racchiuso tra le pagine di un libro (Terre di mezzo editore).
Storia e formato (quadrotto, cartonato) lo rendono adatto proprio ai due anni di età, il momento perfetto per scoprire che con i libri si può anche giocare.
Il meccanismo "interattivo" è quello che abbiamo già conosciuto con Tullet o altri libri simili: il libro chiede di compiere una determinata azione e a questa azione corrisponde un effetto nella storia. Un po' come un videogioco, ma con la carta al posto dei pixel e l'immaginazione al posto della tecnologia.


All'inizio del libro vediamo una tinozza vuota e l'occorrente per il bagnetto pronto all'uso. Il libro invita il bambino a chiamare: "Conigliettooo?".

Nella pagina successiva, coniglietto appare, ma ora va insaponato. Un tocco alla goccia che esce dal flacone e una strofinata alla testa ed ecco comparire, nella pagina successiva, una bella schiuma.


Non sempre va tutto liscio: al momento di accendere il phon, si scopre che non funziona, quindi che fare? Si soffia forte per ascigare le orecchie a coniglietto.


Le pagine si susseguono con immagini semplici e ben definite, dai contorni netti, e sfondi a colore uniforme, blu per la fase di bagnetto, gialle per quella dell'asciugatura.
La storia ripercorre semplicemente la routine di un bagnetto qualsiasi, in cui il bambino si riconosce facilmente, ma portando l'elemento di divertimento attraverso l'interazione. C'è insomma quel giusto mix tra già noto e nuovo che desta l'attenzione del bambino e lo stimola senza destabilizzarlo, anzi rassicurandolo.
Anche sul fatto che il bagnetto può essere un gioco.

A proposito, per rendere più divertente il momento del bagnetto, non servono giocattoli costosi e ingombranti. Ecco a voi

Tre insospettabili giochi da bagnetto che probabilmente avete già in casa.


1. Contenitori per il cibo

Sì, quelli di plastica da frigo / freezer / microonde. Che ci può fare un bimbo? Dategliene uno e vedrete. Sarà una barca, uno strumento per i travasi, e se fate qualche buco sul fondo, anche una doccia.

2. un imbuto.

Da solo, o meglio ancora abbinato ai contenitori di cui sopra, lo aiuterà a sperimentare varie leggi di fisica.


3. La gomma crepla.


Avete qualche avanzo di gomma crepla dal vostro ultimo lavoro di fai da te? Ritagliatelo in forme geometriche (o, per i bimbi più grandi, a forma di numeri e lettere). Se bagnata, la gomma crepla si appiccica alla superficie della vasca, che diventa così una lavagna perfetta per creare scritte e disegni.

Tutto questo per convincerli ad entrare in vasca. Per convincerli a uscire non lo so, io ci sto ancora lavorando.

Scrivere un libro per un "toddler", quell'età che va all'incirca da uno a tre anni, significa affrontare prima di tutto il più grande ostacolo alla lettura: l'incapacità di stare fermi.
È l'età in cui un bambino impara a camminare, e poi a saltare, e a calciare una palla, e questa scoperta del proprio corpo è così irresistibile da rendere noioso tutto il resto.


A meno che quel "tutto il resto" non assecondi questo suo bisogno di muoversi e di esplorare il proprio corpo e ciò che può esprimere.
Pandino cosa fa? è un esempio perfetto di libro che risponde a questa esigenza, perché la sua esperienza di lettura non è confinata allo stare zitti e seduti ad ascoltare, ma è partecipativa, e coinvolge tutto il corpo, facendo confluire le grandi energie fisiche e dell'immaginazione che tutti i bimbi hanno.

A Pandino piace muoversi e imitare le forme.
Vuoi giocare con lui?
È il libro stesso a suggerire al piccolo lettore di muoversi e imitare Pandino.


Pagina dopo pagina, Pandino si piega, si gira si accuccia, salta e imita oggetti ed elementi naturali.
Le immagini, nette su fondo bianco, mostrano la preparazione con i gesti di Pandino, corredati da semplici istruzioni, e poi l'oggetto della sua "mossa", umanizzato, anzi, "pandizzato" dall'aggiunta degli occhietti di Pandino.


Tutto qui: Pandino cosa fa? (Terre di mezzo editore) ha una struttura semplicissima, e altrettanto accattivante. Si susseguono varie azioni, come la mossa della trottola, del razzo e della polpetta di riso (l'autore, Satoshi Iriyama, è giapponese).


Finché Pandino diventa una palla che rotola, rotola e rotola da una pagina all'altra, fino a finire tra le braccia della mamma, riposo da un'attività che è insieme fisica e mentale: il corpo si muove, l'immaginazione si immedesima.


L'invito implicito è proseguire il gioco anche dopo la lettura, per prendere consapevolezza del proprio corpo, delle sue possibilià, delle somiglianze e differenze con gli oggetti quotidiani che ci circondano.

E una volta acquisita padronanza con il gioco, perché non esplorare le possibilità che si aprono quando le "mosse" sono fatte in due, allenando anche la cooperazione e la sintonia?


Due corpi dritti e quattro braccia oblique che si uniscono possono fare la mossa della casa.


E che dire della mossa del bowling?
Anche se il birillo non è rimasto proprio impassibile all'arrivo della palla.


Ho un ricordo vivido del passeggino con cui mi portavano in giro da piccola: era blu, con due manici e alto circa due metri.
Ok, lo so: non poteva davvero essere alto due metri, ma è così che me lo ricordo: immenso, più alto di me. Solo che ero io ad essere piuttosto bassa, all'epoca. Questione di punti di vista.


La relatività non è un concetto semplice da capire, per i bambini. Ancora adesso, a 7 anni, il Piccolo T mi fa domande come "Ma un'ora è tanto o poco?". Ci sono però modi di raccontarla che la rendono accessibile, e anche molto divertente.
Ci sono riuscite perfettamente Chiara Vignocchi e Silvia Borando, con Ho visto una talpa.

L'albo inizia con un elefante, grosso e ingombrante su una doppia pagina nera, che dice di aver visto una talpa piccolissima.


Poco dopo, una minuscola formica, anch'essa bianca su fondo nero (e come si nota bene la differenza d'impatto!), dichiara di aver visto una talpa molto grande.


E via via, si susseguono diversi animali, con l'inconfondibile tratto stilizzato e caricaturale della Borando, e ognuno racconta la "sua" talpa, con caratteristiche molto diverse da quelle già sentite in precedenza e in qualche modo legate, per contrasto o per "visione", all'animale che le descrive: la lenta lumaca ne vede una velocissima, mentre il ragno, con i suoi tanti occhi, ne ha viste molte.

A ogni affermazione rispondono meravigliati, nella doppia pagina seguente, tutti gli altri animali (tranne naturalmente quello che ha appena parlato), stavolta disegnati in nero su fondo bianco, in un susseguirsi di contrasti opposti.

Il piano d'ascolto è particolarmente curioso, sia perché ogni volta gli animali si producono in una diversa espressione di stupore ("Ooooh!", "Uuuuh!", "Ma guarda!"), sia perché, visti così ben disposti sulla pagina, viene voglia di controllare che ci siano tutti, e come siano sistemati questa volta.


Semplice e geniale, come tutte le produzioni Minibombo, Ho visto una talpa si presta perfettamente a una lettura ad alta voce, nella quale riprodurre i diversi timbri degli animali ed enfatizzare le loro espressioni di stupore, con un effetto sempre più comico.

I bimbi più grandi, che ben conoscono le caratteristiche di ogni animale (e forse, se un po' smaliziati, anche di certi libri) capiranno il gioco prima della fine, quando, tutti insieme, gli animali riconosceranno nella stessa talpa quella di cui stavano parlando.


Per i più piccoli sarà invece una scoperta inaspettata. Per tutti, diventerà un interessante esercizio di pensiero su come il nostro modo di essere ci faccia vedere le cose in modo diverso.
Così, senza morale, con leggerezza, ma con grande efficacia.

Ma le sorprese non sono finite, e il finale strapperà ancora una risata a tutti i lettori, genitori compresi.

Ma voi, una talpa, l'avete mai vista? E l'avete mai costruita?
Ve ne propongo una con tanto di tana, fatta soltanto con un bicchiere di plastica (meglio ancora se è di carta), uno stuzzicadenti da spiedino e qualche foglio di cartoncino colorato (o da colorare).


Rivestite il bicchiere con uno strato di "terra" e uno di erba, tagliuzzando la carta tutt'attorno. Se il bicchiere è di carta, potete anche colorarlo.

Per creare la talpa, prendete del cartoncino nero e ritagliate due sagome identiche a forma di arachide, con una sporgenza a punta da un lato. Aggiungete degli occhietti, un nasino e le zampe.


Attaccate i due lati della talpa allo stecchino e fatelo passare da un buco sul fondo del bicchiere.
Ed ecco la vostra talpa che entra ed esce dalla sua tana.


PS: Per giocare con Ho visto una talpa, c'è anche il sito di Minibombo, che come sempre propone attività intelligenti e stimolanti, per giocare stavolta proprio su diversità e punti di vista. Non perdetevelo.

È tornata Stina!
E rivederla è come ritrovare una vecchia amica.


La ricordate? L'avevamo incontrata in TempeStina (di cui vi avevo parlato qui), e ora, nella sua seconda storia, Stina e il capitan fanfarone, la ritroviamo proprio dove l'avevamo lasciata, a casa del nonno, in riva al mare, intenta a giocare con quello che la natura le offre.


Risentiamo i profumi e le atmosfere delle coste del nord Europa, con quei meravigliosi acquerelli che sembrano trasportarci direttamente lì, sul posto. Percepiamo la salsedine, l'aria frizzante, le erbe, il legno e il pesce appena pescato.

Poi entriamo con Stina nella casa del nonno, e rivediamo le sue collezioni di oggetti ritrovati, dai quali inventa i suoi giochi.


Stavolta cerca di fare una barca con una cassetta di frutta, ma non le riesce molto bene.


La vacanza dal nonno porta Stina a godere di un tempo fuori dal tempo, riappropriandosi della libertà, della noia, della creatività e della natura, godendosi la lentezza del tempo d'estate.
Dopo aver giocato, Stina e il nonno vanno a trovare il vecchio amico Axel, detto Capitan Fanfarone, portandogli pane e miele per merenda.

E anche questa volta viviamo un'esperienza spesso estranea ai "nuovi" bambini: il contatto con le vecchie generazioni.

Capitan Fanfarone è un vecchio tornato bambino, che si chiude in sé stesso e poi esplode in potenti entusiasmi.
E, come tutti gli anziani, ha moltissime storie da raccontare. Vere? False? Il nonno di Stina, dalle risposte che dà, sembra non credergli molto, ma Stina lo ascolta rapito.


È il fascino dell'incontro tra generazioni, quello della narrazione non scritta, della vita vissuta, o anche solo pensata. Gli anziani possono diventare un favoloso brano di letteratura, basta saperli ascoltare.

Anche questa volta, Stina ci mostra tutto il fascino di giocare, semplicemente, con ciò che ci offre la vita.


 
Vi è mai capitato di temere di leggere un libro o di guardare un film per paura di restare delusi da una storia, da un autore o da un regista che amavate particolarmente?


È stato così per me con La BandaCadabra di Neil Patrick Harris (editrice Il Castoro).
Ho amato il Neil Patrick Harris attore in How I met your mother e in Una serie di sfortunati eventi. Ho adorato il Neil Patrick Harris papà quando ho visto i travestimenti a tema della sua famiglia (cercate su Google: sono fantastici).
Come avrei reagito se il Neil Patrick Harris scrittore mi avesse deluso?

Ma tant'è. La sua personalità mi incuriosiva troppo e l'argomento principale del libro – la magia – mi stuzzicava, e così ho voluto correre il rischio.

Be', La BandaCadabra (titolo che Maria Laura Capobianco ha tradotto splendidamente) non mi ha deluso.
È un romanzo coinvolgente, avventuroso, curioso, con uno stile fresco e qualche trovata accattivante.


La storia è quella di Carter, giovane orfano che vive con uno zio imbroglione e farabutto. Appassionato di trucchi di magia, che gli erano stati insegnati dai genitori, è ora costretto ad affiancare il suo tutore che usa questi trucchi per derubare la gente.
Nel primo capitolo del romanzo, lo vediamo fuggire da questa vita, nella quale non si riconosce.


Arrivato nella cittadina di Mineral Wells, si imbatterà in una fiera ambulante gestita dall'avido e truffaldino B. B. Bosso, che non potrà fare a meno di notare il suo talento nei giochi di prestigio, e nell'affascinante prestigiatore Vernon, che a differenza di Bosso e dello zio di Carter sembra considerare la magia un mezzo per intrattenere e non per derubare gli altri.

Conoscerà poi Leila, figlia adottiva di Vernon e dell'"altro signor Vernon", Theo e Ridley, un gruppo di ragazzi appassionati di magia. Con loro metterà a punto nuovi trucchi e vivrà avvincenti avventure, ma soprattutto scoprirà che la vera magia esiste: non nei trucchi e nei giochi di prestigio, ma nel calore dell'amicizia e della famiglia.

Nonostante l'evidente polarizzazione in "buoni e cattivi" (nessun colpo di scena: chi sembra buono da subito lo è, e viceversa) e spiegazioni a volte troppo esplicite, ai limiti della credibilità, sia nei dialoghi che nella prosa, La BandaCadabra non manca di catturare il lettore con le sue vicende, complice anche uno stile narrativo accattivante, che spesso sospende la storia per rompere la quarta parete e spiegare al lettore qualche scelta liguistica o coinvolgerlo in prima persona in una riflessione.

I capitoli sono anche intervallati da piccole lezioni di prestidigitazione e trucchi di prestigio (Neil Patrick Harris è anche presidente del club "Magic Castle" di Hollywood). Ho particolarmente apprezzato l'approccio generale a questo argomento: non si lasciano porte aperte a cialtroni e mistificatori. Si comunica chiaramente che gli spettacoli di magia non sono altro che trucchi (che possono essere fatti a fin di bene o per ingannare) e che la magia, quella vera, è solo quella che si trova nell'animo delle persone.


Ad aumentare l'aura di mistero e stupore, piccoli messaggi in codice nascosti tra le pagine del libro, che il lettre dovrà decodificare.
La BandaCadabra è un romanzo dalle pagine fitte e con un lessico a volte ricercato, non adatto ai lettori alle primissime armi. Le illustrazioni sono poche e non particolarmente determinanti nella comprensione del libro: bastano le parole e le descrizioni, ben dettagliate ma mai eccessive, a far comparire davanti agli occhi di chi legge scenari, visi, espressioni e ambientazioni. Come per magia.

Ehi, psst: per caso anche voi, come il Piccolo T, vi siete appassionati all'idea di poter fare uno spettacolo di prestigio?
Allora vi lascio uno strumento facile facile da costruire:

 

il portafogli magico.


Bastano due rettangoli di cartone e due, altrettanto grandi, di cartoncino colorato, oltre a quattro nastri di stoffa.



Sistemate i nastri a X su uno dei cartoncini, e paralleli sull'altro. 


Fissate sul retro i nastri con del nastro adesivo, ma da un lato solo: dall'altro lato, andranno fissati non al proprio cartoncino, ma all'altro.

Forse è più semplice se ve lo faccio vedere con uno schema (il colore "sbiadito" indica che il nastro si trova sul retro del cartoncino).

Ora, avete il vostro portafogli magico, che si apre da entrambe le parti.
(se non sono stata chiara, cercate "magic wallet" su youTube: troverete molti tutorial.)

Se infilate una banconota nel sostegno "a croce" potete (girando abilmente il portafogli tra le mani per camuffare il fatto che lo aprite dall'atro lato) spostarla magicamente nel sostegno parallelo.


Volete fare di più? Volete far sparire una moneta?
Prendete due quadrati di carta e piegateli in nove quadranti:


Ora incollateli con del biadesivo al centro del sostegno a croce, uno da un lato e uno dall'altro, tenendo l'apertura verso l'esterno.


Apritene uno, appoggiateci una moneta, richiudetelo, girate il portafogli tra le mani e... abracadabra!



La moneta scompare! Fatela anche riapparire, però, soprattutto se arriva dal pubblico: non vorrete mica fare gli imbroglioni come lo zio di Carter, vero?


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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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