Nuvole in scatola
  • Home
  • Libri
    • Dalla nascita
    • Da 1 anno
    • Da 2 anni
    • Dai 3 anni
    • Dai 4 anni
    • Dai 5 anni
    • Dai 6 anni
    • Dai 7 anni
    • Dagli 8 anni
    • Dai 9 anni
    • Dai 10 anni
    • Dagli 11 anni
    • Per adulti
    • Per papà
  • Chi sono
  • Contatti
  • Affiliazione
I personaggi base delle fiabe, qui, ci sono un po' tutti, anzi: forse qualcuno in più.
Se ci sono un cavaliere e una principessa, deve esserci per forza anche un drago, e fin qui nulla da obiettare. Ma il lupo, allora, che cosa ci fa?


Si capisce subito che La principessa, il lupo, il cavaliere e il drago (Terre di mezzo editore) non è una fiaba come tutte le altre.
E d'altra parte se si mettono insieme un autore come Jean Leroy ("Un lupetto ben educato" e "Quando sarò grande", di cui avevo parlato qui), e Béatrice Rodriguez ("Il ladro di polli" e "Una pesca straordinaria"), ci si deve aspettare di tutto.

E infatti scopriamo subito che la principessa non è la solita ragazza inerme dedita solo al cucito e alle buone maniere.


Anzi, il suo hobby preferito è... attaccar briga. E a farne le spese è il lupo.



E anche il cavaliere ha la stessa tempra di questa ragazzina. Cosa succederà?
Come sempre accade tra i personaggi e le storie della Rodriguez, nulla è scontato e secondo gli schemi.
La principessa, il lupo, il cavaliere e il drago è un libretto agile, di poche pagine e dimensioni tascabili, che racconta una storia veloce, allegra, scanzonata.
Una storia da godersi così, con il suo ritmo, o da assaporare più lentamente godendosi i dettagli, come il lupo che gioca col retino e il drago che fa le bolle.


Un libro nato per sovvertire l'ordine precostituito delle cose. Non a caso, quando, spogliati da una appassionata baruffa, cavaliere e principessa si ritrovano in mutande, lui indossa dei boxer a cuoricini rosa, e lei dei mutandoni con i teschi.


Ha poche parole, questo albo, e potrebbe tranquillamente averne ancora meno ed essere letto come un silent book (nei quali la Rodriguez esprime tutto il suo talento): la storia si dipana tra le immagini, i volti, l'azione incalzante, fino al finale inaspettato.

E se vi è venuta voglia di vestire i panni di un prode cavaliere, ecco un elmo facile facile da costruire.
Basta prendere del cartoncino, tagliarne cinque strisce abbastanza sottili e due più larghe.


Su tutte, si devono praticare due fori alle estremità. Le due più larghe vanno ritagliate a formare la visiera (con fessure orizzontali) e la protezione per bocca e collo, appuntita all'ingiù.


Ora non resta che curvare tutte le componenti e assemblarle con dei fermacampioni.



Per questioni fotografiche, ho creato un elmo a misura peluche, ma secondo le dimensioni del cartoncino, può essere adattato a qualsiasi pupazzo, bimbo o adulto.


Perché tutti, se lo vogliono, possono diventare cavalieri. Anche con i mutandoni a cuori.


         
Chissà se i lupi si raccontano favole sugli umani feroci.
Abituati come siamo a considerare il lupo come il personaggio cattivo di tante favole, capita spesso che ci dimentichiamo del suo essere animale, della sua vita, del suo essere, semplicemente, un lupo.


Lupinella. La vita di una lupa nei boschi delle Alpi racconta proprio questo lato così trascurato nella letteratura per l'infanzia.
Scritto da Giuseppe Festa per Editoriale Scienza, Lupinella è nato da un’idea del Muse di Trento ed è stato realizzato grazie al progetto europeo Life Wolfalps, che ha come obiettivo la conservazione a lungo termine della popolazione alpina di lupo, attraverso il monitoraggio della specie, numerose azioni concrete come il contrasto del bracconaggio e, infine, la diffusione della cultura su questo affascinante animale.


Il libro procede attraverso una doppia voce: la storia della piccola Lupinella è narrata in prima persona dalla lupa stessa, e accanto ad ogni tappa e capitolo vediamo il box con le spiegazioni (semplici, chiare, mai pedanti) della "lupologa" del progetto Wolfalps.


Il libro è trattato come un diario personale, che segue le tappe di crescita della piccola lupa, dalla nascita all'avvio della sua vita adulta e alla formazione del suo branco, indipendente da quello in cui è nata.
Si parla di ciò che accade, ma anche di quello che prova Lupinella, delle cose che capisce e di quelle che non capisce. Si affrontano lo sviluppo fisico (i lupacchiotti appena nati sono ciechi, poi iniziano a vedere), le dinamiche del branco, le strategie di caccia.
Leggendo, cresciamo insieme a Lupinella e ai suoi fratelli, e con lei scopriamo il mondo dei lupi.


Il fascino delle illustrazioni di Mariachiara Di Giorgio ci trasporta ancora di più in questo mondo di cui leggendo sentiamo di far parte (e non a caso, al libro è allegato un poster, per godere anche sulle pareti della cameretta di questa magia).

Senza forzature, ogni episodio raccontato dalla piccola lupa affronta un aspetto della vita individuale e sociale dei lupi, che poi viene approfondito nel riquadro a cura della lupologa, con le sue spiegazioni altrettanto avvincenti (e guai a saltarne una: "E la lupologa, mamma? Cosa dice?").


Alla fine del libro, qualche nota di approfondimento sul progetto Life Wolfalps e sulla presenza del lupo sulle Alpi, ma anche alcune proposte di gioco-esperimento all'aria aperta, per scoprire la natura come piccoli lupacchiotti.
E quando il tempo non permette di uscire? Be', si può sempre provare a

esplorare la casa con sensi di lupo.


Basta indossare una benda, farsi girare un po' su se stessi per perdere l'orientamento, e poi ascoltare, e provare a capire dove ci si trova.


Da dove arriva il suono della tv? E quel rubinetto aperto, sarà quello del bagno o della cucina?
E questa? Deve essere la mamma che cambia il pannolino al Piccolo D. In certi casi, anche l'olfatto si dimostra utile, ahimè.


Tendiamo spesso a pensare che i bambini siano più "paurosi" dei grandi. Siamo pronti ad allargare le braccia per consolare i nostri figli e dire loro "Non è niente, mamma e papà sono qui".
Ma davvero i grandi non hanno paure immotivate?
Ed è più coraggioso chi non ha mai paura o chi ne ha?


Mal di paura, scritto da Chiara Ingrao con le illustrazioni di Giulia Pintus (Edizioni Corsare), è una raccolta di filastrocche in rima sulla paura, anzi, sul "mal di paura": quelle paure eccessive e immotivate che a volte possono minare la serenità e ritorcersi contro chi le prova.

Le pagine alternano un "mal di paura" dei bambini e uno degli adulti, tratteggiando dodici personaggi con le loro fissazioni, e tra leggerezza e ironia ci portano a riflettere sull'insicurezza profonda da cui nascono queste paure e, ancora di più, sulle conseguenze da esse provocate.


Già, perché accanto a paure più classiche (in genere quelle dei bambini), come quella del buio o dei ragni, troviamo paure che si trasformano in patologie, o in violenza.


C'è chi ha così tanta paura dei ladri da armarsi fino ai denti, chi ha paura dei mendicanti e non si rende conto che il pericolo può arrivare da chi è ben vestito e profumato, chi ha paura di lasciar fare al figlio le proprie esperienze, e vorrebbe proteggerlo da tutto, impedendogli di vivere.

Le paure di cui si parla non sono quelle "lecite" e inevitabili (la paura della morte, la paura di perdere i propri affetti), ma comportamenti nati da una visione distorta della società e che spesso non fanno altro che rendere la società peggiore.


Le situazioni, buffe ed eccessive ma anche molto amare, tratteggiate dalle filastrocche di Chiara Ingrao, trovano espressione perfetta nelle illustrazioni caricaturali di Giulia Pintus, che ci mostrano persone fagocitate dalle proprie ossessioni, attraverso l'uso di immagini iperboliche (le troppe armi sotto il cuscino) o metaforiche (il bimbo "conservato" in una bottiglia di vetro).

Nonostante non assumano mai toni angoscianti, le filastrocche non mancano di sottolineare gli esiti infausti di queste paure malsane, che spesso si ritorcono contro chi le prova.

Leggerezza e ironia portano insomma a riflettere su molti mali del nostro tempo, visti attraverso la lente della fragilità umana e messi un po' in ridicolo per sottolinearne l'assurdità.


Alcune trovate linguistiche (come la ricorsività di "Salvatore ha paura di avere paura") accompagnano il lettore attraverso riflessioni profonde sulla psicologia delle paure e sull'assurdità di alcuni atteggiamenti.

La paura diventa una lente attraverso cui leggere xenofobia, bullismo, germofobia, comportamenti ossessivi e ansiosi che fanno del male a chi li mette in atto e anche alle persone che gli stanno attorno.

Perché questa è l'unica cosa di cui dovremmo davvero avere paura: delle nostre assurde, immotivate paure.



Preparare del cibo è sempre una forma d'amore. Lo è quando si cucina un pranzo sontuoso o una complicata torta di compleanno, ma anche quando semplicemente si infila nello zaino la merendina per la scuola.


Lo sa bene Marin, protagonista di Il ladro di panini di Patrick Doyon e André Marois (ed. Sinnos).
I deliziosi panini che gli prepara ogni giorno sua madre contengono infatti due ingredienti speciali: la sua favolosa maionese fatta in casa e tutto il suo amore per la buona cucina (e per lui). E in più, un biglietto di incoraggiamento scritto ogni giorno dal papà.


Un lunedì, però, quando Marin apre il suo cestino del pranzo, il suo panino non c'è più. Chi l'avrà rubato?


Subito Marin inizia la sua "indagine", analizzando uno ad uno i possibili sospetti.


Con la perizia di un detective, analizza alibi, moventi e personalità di ognuno, e come in tutti i gialli che si rispettino, si rivolge anche alle autorità (il preside), anche se alla fine l'indagine indipendente risulterà la più efficace .


Il ladro di panini Ã¨ un giallo leggero, divertente, che unisce l'avventura a un ambiente quotidiano che il bambino conosce bene, quello della scuola.
A fare da contorno alla trama troviamo una maestra greca che ha il nome buffo di una salsa, il migliore amico e la migliore amica di Marin (entrambi molto legati "anche se non parlano molto", come succede spesso in questa età, in cui l'amicizia è ancora gioco e condivisione di tempo e non introspezione), la personalità di due genitori amorevoli ma un po' troppo fissati con la cucina, e alcuni personaggi un po' caricaturali che tratteggiano un microcosmo appassionante ma anche credibile, perché a ben guardare tutti noi abbiamo avuto qualche compagno di classe molto mangione, o troppo burlone.

La grafica del libro fa uso di pochi, selezionati colori caldi, che rendono le illustrazioni più semplici e ancor più espressive.
L'impaginazione oscilla da alcune pagine più tradizionali (testo da un lato, illustrazione dall'altro) ad altre più spiccatamente ispirate al fumetto o alla graphic novel.
La presenza del testo resta comunque poco pesante rispetto alle immagini, e la suddivisione in capitoli "temporali" (Lunedì mattina, lunedì pomeriggio e così via) rende più semplice scandire la lettura in più giorni.

Il ladro di panini Ã¨ insomma perfetto come primo approccio alle letture autonome, perché nonostante le 160 pagine si mantiene agile nella lettura e nei contenuti, anche grazie ai font della famiglia "leggimi" di Sinnos, pensati per rendere più semplice l'approccio al testo.

Una lettura che aiuterà i bambini ad appassionarsi ai libri, ai gialli, ai fumetti e... al cestino della merenda.

A proposito, se vi piace l'idea di lasciare un piccolo messaggio affettuoso nella merenda di vostro figlio, come il padre di Marin, ecco qualche spunto preso in rete per non limitarsi al solito bigliettino.

1) Potete scrivere un messaggio direttamente su un frutto, purché questo venga sbucciato prima di mangiarlo: perfette le banane o i mandarini (fonte: Cakewhiz).

  

2) C'è anche la versione "messaggio magico": lo si traccia incidendo la buccia con uno stuzzicadenti e col passare delle ore si scurirà, per effetto dell'ossidazione (fonte: Beafunmum)

 3) Potete anche stampare degli adesivi, o usare etichette adesive da scrivere e applicare sulla buccia della frutta. (fonte: Ohhappyday)

4) Soluzione più elaborata: dipingere l'interno del cestino della merenda con vernice lavagna per poter scrivere un messaggio nuovo ogni giorno. La valigetta può diventare anche un'idea-gioco da portare in viaggio. (fonte: Meandmybucket)



Perché con una coccola di mamma e papà, qualsiasi merenda è più buona.


Una nuova idea, la maggior parte delle volte, non è un'idea davvero nuova, ma un modo diverso di affrontarne una vecchia, o ancora più frequentemente l'unione di due idee precedenti.
La creatività, in sostanza, non è altro che una ricetta nuova per usare ingredienti che già conosciamo.


È così che è nato il rinofante, la strana creatura che vive tra le pagine (e nel titolo) di C'è un rinofante sul tetto!, di Marita van der Vyver e Dale Blankenaar, tradotto per la nuova e promettente casa editrice Lupoguido da Virginia Portioli.
Il rinofante, come potete immaginare, è un rumoroso e ingombrante incrocio tra un rinoceronte e un elefante. Ed è la creatura che crede di sentire sul tetto Daniel, un bambino che per la prima volta dorme a casa dei nonni.

I nonni sono molto bravi: gli leggono una storia, gli cantano una canzone, ma già dalla prima pagina, quando tutto sembra tranquillo, le illustrazioni "entrano" nella testa di Daniel e ci fanno vedere il suo mondo, che amplifica i dettagli più inquietanti di ciò che lo circonda.


Daniel ha paura,  anche se fatica ad ammetterlo. Chiama il nonno per quel rumore sul tetto (i rinofanti, appunto), poi la nonna, per il coccopotamo in bagno, e ancora il nonno, per la dragoraffa nell'armadio.
La paura, si sa, è creativa: ci porta a immaginare, a ricostruire, a rimescolare elementi tra di loro rendendoli più spaventosi di ciò che sono.
Le creature nascono da un rumore che proviene dalla stanza accanto, o da qualcosa di intravisto nell'armadio: sono i sensi amplificati dall'allerta provocata dalla nuova situazione in cui Daniel si ritrova. È qualcosa che abbiamo provato tutti, e che in questo albo si traduce in immagini, storie, suggestioni.




Il formato insolito, stretto e alto, del libro, amplifica la dimensione onirica delle illustrazioni: la stanza dove dorme Daniel, ad esempio, sembra altissima, come se Daniel fosse osservato da qualcosa di molto più grande di lui.

E i mostri immaginari invadono le doppie pagine in tutta la loro trabordante presenza, incontenibili come le paure del protagonista.



Daniel riuscirà a trovare pace solo quando riuscirà ad ammettere ai nonni (e soprattutto a se stesso) di avere avuto paura, dimostrando che le sensazioni vanno vissute, affrontate e comunicate, e non nascoste.

C'è un rinofante sul tetto! è un viaggio nella mente tormentata di un bambino impaurito, una dimensione onirica in cui vivono fortissimi i contrasti tra le figure imponenti e spaventose delle creature immaginate dal bambino e i loro nomi, buffi e creativi, che si prestano a giocare, a inventare, anche per esorcizzare le nostre paure, come fa Daniel nel libro.

Come si crea un rinofante?


A proposito, perché non provare a usare questo meccanismo creativo per giocare con i bambini?
Si possono inventare tantissimi personaggi a partire dalla crasi di due animali esistenti, stimolando l'immaginazione, un po' come si fa con i personaggi dei Lego, smontando teste e gambe e rimontandole a caso.

Come sarà fatta una canrica? Potrebbe essere una creatura pelosa e scodinzolante a sei zampe, che trasporta dei grandi panini nella propria tana.

E riuscite a immaginare un galguro, che sveglia tutti cantando la mattina e salta in giro per il pollaio portando i pulcini nel marsupio?

Vietato fermarsi agli animali! Il gioco si fa ancora più divertente (e – perché no? – anche introspettivo) passando a persone conosciute, amici e familiari. Da una mamma e da un fratellino può nascere un matello, leggendaria creatura che torna da lavoro, prepara la cena e poi vuole essere presa in braccio.
(È anche un'ottima scusa per farsi fare le coccole, no?)



Per un genitore che legge per la prima volta una delle varie formulazioni dei diritti dei bambini, il "diritto alla noia" (in alcuni casi descritto come "diritto all'ozio") è quello che appare più sorprendente, per almeno due motivi.
Il primo è che stupisce vedere un diritto formulato in negativo. Siamo abituati a pensare ai diritti come a qualcosa di attivo: il diritto di fare, il diritto di avere, il diritto di essere.
Il secondo è che qualsiasi genitore sa che per un bambino la noia non è affatto "naturale", ma va insegnata. Un bambino senza nulla da fare, normalmente, tormenta mamma e papà con mille "mi annoio", "cosa posso fare?", "giochi con me?", e serve una buona dose di sopportazione e determinazione a convincerlo a inventare semplicemente un gioco, senza nulla di imposto o organizzato.
Eppure i momenti di noia sono fondamentali per sviluppare l'immaginazione e la creatività di un bambino, liberandolo da ogni struttura, ed è controproducente per il suo sviluppo intellettivo ed emotivo riempire ogni minuto delle loro vite con attività, giochi e televisione.


La storia di Tic e Tac, i due piccoli fratellini tassi protagonisti di Un pomeriggio super! di Jessixa Bagley (Terre di Mezzo editore), inizia così: con un "Mi annoio!".


La mamma propone loro mille alternative (vi suona familiare?): leggere un libro, costruire un fortino, andare a pescare, ma niente: Tic e Tac hanno già provato di tutto e di più.
E come succede spesso nella realtà, mentre i due piccoli proclamano la loro noia, le illustrazioni ci fanno vedere che in realtà stanno già giocando, solamente senza accorgersi di farlo, perché per tutti i bambini giocare è qualcosa di innato, di inevitabile.


Mamma Tasso coglie la palla al balzo e chiede loro di aiutarla a stendere i panni appena lavati.
Anche quello che alla mamma sembra un lavoro pesante, può diventare un'attività divertente per un bambino.


Ma i panni finscono presto, a differenza della fantasia dei piccoli tassi, che è invece inesauribile.
Così, mentre la mamma è al mercato, Tic e Tac inventano in gioco nuovo, e inoiziano ad appendere pentole, posate, giornali, persino una boccia con un pesce rosso!


Quando la mamma torna, si trova di fronte a metri e metri di filo steso, con su appeso ogni possibile oggetto di casa. È sempre così quando i bambini inventano un gioco, no? Difficilmente ritorna tutto com'era prima.
Alla fine, la mamma troverà una simpatica soluzione per rimettere "a posto", se non tutta la casa, almeno Tic e Tac.
E quello che era iniziato come un momento di noia apparentemenre  insormontabile, si è trasformato, appunto, in Un pomeriggio super!. Cosa che non sarebbe potuta succedere davanti alla tv, o a un allenamento, o a una lezione, perché i pomeriggi super, lascia intendere il libro, nascono sempre dalla fantasia (e da un po' di noia, che è il suo carburante preferito).
Un pomeriggio super! è una storia quotidiana e straordinaria al tempo stesso, perché è proprio questo che insegna: a trovare lo straordinario nelle cose più semplici.

Così, la prossima volta che i vostri bimbi vi chiederanno cosa possono fare, non tirate fuori piste o dvd, ma quello che avete sottomano, magari proprio un filo, delle mollette e qualche calzino.


Secondo l'età e le capacità dei bambini, potete semplicemente lasciare che li appendano al filo, oppure inventare una gara a chi accoppia il calzino giusto, o farvi aiutare a stendere il bucato (e vince chi finisce prima).
Oppure... oppure niente. È dalla loro fantasia che nascono i momenti "super", vero?


Post più recenti Post più vecchi Home page

Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

Segui le nuvole

Newsletter

* indicates required

POPULAR POSTS

  • Goodbye, qualsiasi cosa significhi.
  • Svish, splash, squelch, scric, fiuuu!
  • Mio figlio non parla! I libri per stimolare il linguaggio.
  • Nuvole in barattolo.
  • Il mostro mangiacapelli

Temi

animali 70 scienza 44 amicizia 29 diversità 29 fantasia 29 natale 28 papà 24 cani 23 nanna 21 disegno 19 regali 19 rime 19 natura 18 scuola 16 condivisione 14 fratelli e sorelle 14 paure 14 emozioni 12 halloween 12 avventura 11 morte 11 onomatopee 11 cibo 10 corpo umano 10 lettura 10 pannolino 10 amore 9 autostima 9 crescita 9 ecologia 9 mamma 9 mostri 9 nonni 9 silent book 9 punti di vista 8 ambiente 7 bullismo 7 esperimenti 7 gatti 7 interattivo 7 supereroi 7 mare 6 matematica 6 noia 6 scrittura 6 storia 6 educazione 5 favole 5 inserimento 5 neve 5 regole 5 compleanno 4 difetti 4 dinosauri 4 famiglia 4 primavera 4 capricci 3 esplorazione 3 estate 3 gallucci 3 in viaggio 3 lentezza 3 maestra 3 neogenitori 3 neonato 3 resilienza 3 tempo 3 vacanze 3 autonomia 2 buio 2 carnevale 2 cucu 2 disabilità 2 macchine 2 autunno 1

Search This Blog

Blog Archive

  • ▼  2024 (32)
    • ▼  dicembre (1)
      • Goodbye, qualsiasi cosa significhi.
    • ►  novembre (3)
    • ►  ottobre (2)
    • ►  settembre (3)
    • ►  giugno (5)
    • ►  maggio (4)
    • ►  aprile (5)
    • ►  marzo (3)
    • ►  febbraio (3)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2023 (54)
    • ►  dicembre (5)
    • ►  novembre (7)
    • ►  ottobre (5)
    • ►  settembre (4)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (6)
    • ►  aprile (5)
    • ►  marzo (8)
    • ►  febbraio (3)
    • ►  gennaio (4)
  • ►  2022 (81)
    • ►  dicembre (6)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (7)
    • ►  settembre (8)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (9)
    • ►  aprile (7)
    • ►  marzo (10)
    • ►  febbraio (9)
    • ►  gennaio (7)
  • ►  2021 (111)
    • ►  dicembre (13)
    • ►  novembre (14)
    • ►  ottobre (12)
    • ►  settembre (12)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (12)
    • ►  aprile (12)
    • ►  marzo (9)
    • ►  febbraio (9)
    • ►  gennaio (8)
  • ►  2020 (102)
    • ►  dicembre (9)
    • ►  novembre (11)
    • ►  ottobre (10)
    • ►  settembre (9)
    • ►  agosto (1)
    • ►  luglio (10)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (8)
    • ►  aprile (9)
    • ►  marzo (9)
    • ►  febbraio (8)
    • ►  gennaio (9)
  • ►  2019 (101)
    • ►  dicembre (9)
    • ►  novembre (12)
    • ►  ottobre (10)
    • ►  settembre (9)
    • ►  luglio (10)
    • ►  giugno (8)
    • ►  maggio (9)
    • ►  aprile (8)
    • ►  marzo (10)
    • ►  febbraio (9)
    • ►  gennaio (7)
  • ►  2018 (79)
    • ►  dicembre (8)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (8)
    • ►  settembre (9)
    • ►  luglio (3)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (8)
    • ►  aprile (8)
    • ►  marzo (7)
    • ►  febbraio (8)
    • ►  gennaio (6)
  • ►  2017 (62)
    • ►  dicembre (7)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (7)
    • ►  settembre (5)
    • ►  luglio (6)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (7)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (5)
    • ►  febbraio (4)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2016 (44)
    • ►  dicembre (2)
    • ►  novembre (5)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (5)
    • ►  agosto (1)
    • ►  luglio (4)
    • ►  giugno (4)
    • ►  maggio (5)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (5)
    • ►  febbraio (2)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2015 (38)
    • ►  dicembre (4)
    • ►  novembre (4)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (5)
    • ►  giugno (2)
    • ►  maggio (2)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (4)
    • ►  febbraio (5)
    • ►  gennaio (4)
  • ►  2014 (34)
    • ►  dicembre (4)
    • ►  novembre (3)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (4)
    • ►  luglio (2)
    • ►  giugno (3)
    • ►  maggio (4)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (4)
    • ►  febbraio (2)

Copyright © Nuvole in scatola. Designed by OddThemes