Nuvole in scatola
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Si dice che solo quando si hanno figli si inizia a capire i propri genitori. Ecco: ora capisco perché mia madre, in spiaggia, giocava sempre con me a "polenta": perché è uno dei pochi giochi che si possono fare stando comodamente sedute sul proprio lettino, senza necessariamente sporcarsi di sabbia.
Che è bellissimo e divertente e per tuo figlio lo fai sempre volentieri, eh, ma ci sono giorni in cui proprio non ti va.
Volete conoscerlo anche voi? Eccolo.



Si comincia dalla base del castello di sabbia, ovvero facendo una "torre" di sabbia con il secchiello (la polenta, appunto). Questo passaggio lo farete fare a vostro figlio, naturalmente, mentre voi vi godrete cinque minuti distese al sole.


Al centro della torre, va piantato un bastoncino. Potete usare lo stecco di un gelato oppure, se vi fidate, mandare vostro figlio alla ricerca di un bastoncino nella spiaggia attorno a voi (altri cinque minuti di sole guadagnati).



Si gioca così: a turno, bisogna togliere con la paletta una "fetta" di sabbia cercando di non far cadere il bastoncino piantato al centro.
Se costruite la "polenta" abbastanza vicino al vostro lettino, potrete giocare restando sedute.



Chi fa cadere il bastoncino ha perso.
Comunque finisca, però, voi potreste aver vinto da cinque a quindici minuti di riposo sotto l'ombrellone, che alla fine, diciamocelo, è la vittoria che conta di più.


   
C'è una magia più bella delle bolle di sapone? O forse non dovrei chiamarla magia: è scienza, in una delle sue manifestazioni più divertenti e affascinanti. 
E anche se noi grandi abbiamo perso la curiosità che ci spinge a farci domande, ogni bambino, di fronte a una bolla di sapone, resta sospeso tra l'ammirare la sua bellezza e chiedersi come funziona.



E chi poteva alimentare questa forma di curiosità se non Editoriale Scienza?
È questo lo scopo della collana Le scoperte di Bebo e Bice: libricini agili, adatti ai bimbi dai tre anni, con storie semplici che invitano i bambini a guardare il mondo attorno a sé e a farsi domande.
Le risposte arrivano attraverso facili esperimenti e sono di tipo pratico (ovvero: questa cosa funziona, quest'altra no): non è ancora tempo per le spiegazioni fisiche e chimiche, ma osservare e sperimentare è sempre il primo passo per far crescere la curiosità e la passione verso la scienza e le sue leggi.

Bebo e Bice sono rispettivamente un lombrico e una pulce, amici per la pelle e molto curiosi, che durante le loro avventura si trovano di fonte a situazioni da risolvere con l'osservazione e  un po' di intuito.
Con Il ponte, ad esempio, scoprono come costruire un ponte resistente con un foglio di carta.



Nel libro La bolla di sapone, invece, vogliono portare una bolla a un amico malato, ma come fare a trasportarla?



Sperimentando, scopriranno che la bolla scoppia se a contatto con una superficie asciutta, mentre resta integra se appoggiata su una superficie ricoperta di acqua saponata.
In tutti i loro libricini, Bebo e Bice propongono ai piccoli lettori un esperimento per mettere alla prova quello che i due protagonisti hanno appena scoperto.



Si tratta di un'attività semplice, alla portata dei più piccoli, con materiali comuni e veloce da eseguire: nulla, insomma, che metta in difficoltà i genitori o diventi frustrante per i bimbi,
Ecco: il bello di questa collana, secondo me, va oltre i pochi minuti del singolo esperimento, e sta proprio nella forma mentis che plasma, nell'ispirazione che crea.
Bimbi e genitori (e insegnanti, perché no?) imparano a farsi domande e a cercare le risposte sperimentando e osservando.

Di Bebo e Bice c'è anche una ministerie interattiva su YouTube: anche in questo caso, una proposta originale per coinvolgere i bambini in modo attivo, invitandoli a scegliere con un clic come proseguire l'esperimento, tra una serie di bivi possibili.

Non avevamo fatto in tempo a chiudere La bolla di sapone, io e il Piccolo T, che lui già incalzava con "mamma, dai, proviamo a fare le bolle!". E confesso che ero eccitata quanto lui, all'idea.
Sì, perché dopo aver provato l’esperimento proposto dal libro, ho voluto realizzare qualcosa che avevo in mente da tanto tempo:

Un soffia-bolle-giganti.


Ho cercato in rete qualche ricetta per fare delle bolle particolarmente resistenti. Molte usavano la glicerina (che non avevo), alcune il corn syrup o lo sciroppo di glucosio (che non avevo) e insomma, ho rimediato trovando una ricetta per creare una sorta di sciroppo di glucosio fai-da-te da aggiungere ad acqua e sapone.
I risultati non sono stati miracolosi come prometteva il post che avevo trovato, quindi mi astengo per ora dal darvi la ricetta (ma sperimenterò ancora, promesso): provate semplicemente con acqua e sapone per piatti, o aggiungete glicerina o glucosio, o comprate un liquido per bolle già pronto.

Del soffia-bolle invece sì, io e il Piccolo T siamo rimasti entusiasti, ed è così semplice e veloce da fare che piacerà anche a voi.
Vi bastano dello spago (meglio se quello di cotone morbido) e delle cannucce.



Tagliate due pezzetti di cannuccia, fateci passare lo spago e annodate formando un anello di spago.
Tutto qui? Sì, tutto qui.


I due pezzetti di cannuccia saranno le "maniglie" del nostro soffia-bolle.
Ora, basta prendere una bacinella, versarci il liquido per le bolle e intingerci il soffia-bolle.
Come Bebo e Bice insegnano, è importante, per non far scoppiare la bolla, che tutto ciò con cui viene a contatto sia insaponato, quindi bisogna bagnare bene anche le dita che stringono le maniglie.

Poi si allargano le mani, ed ecco una finestra saponata su cui soffiare. Con un po' di abilità in più, potrete formare la bolla anche semplicemente muovendovi e facendo passare l'aria attraverso il soffia-bolle, senza soffiare ma sfruttando il movimento dell'aria.


Risultato: cinque bambini del vicinato accorsi a giocare in meno di 10 minuti. 
Memo per la prossima volta: di soffia-bolle-giganti ne servono un po' di più.


         
Non è necessario che piova per avere bisogno urgente di un gioco da fare in casa.
Puoi anche aver invitato un amichetto di tuo figlio a giocare a casa tua e non avere un giardino, ad esempio. E può essere che, dopo aver aperto un numero indefinito ma comunque a due cifre di scatole di giochi, i due – tuo figlio e il suo amico – ti chiedano "a cosa possiamo giocare"?

E va bene. Mi avete sfidato? 
E io accetto la sfida: giochiamo a Pallacalza!



Tutto quello che vi serve sono:
  • tre palline, di cui almeno due della stessa dimensione,
  • un rotolo di scotch carta (o di washi tape ma di quello che attacca poco, per non rovinare il pavimento),
  • due collant (e se ve lo state chiedendo: sì, quelli nella foto erano miei).
Aumentate il numero di palline e collant nel caso abbiate più di due giocatori.


Ora, disegnate un quadrato di nastro adesivo sul pavimento: sarà il vostro bersaglio.


Poi, infilate in una delle gambe di ogni collant una pallina e legate il collant alla vita dei giocatori, in modo che la gamba con la pallina penzoli senza toccare terra.


Pronti? Ora, lo scopo è colpire la terza pallina con la pallina che avete legata addosso per farla finire nell'area-bersaglio, senza usare mani e piedi, ma solo muovendo la calza a penzoloni con il proprio corpo.

È più difficile di quel che sembra. Infatti il Piccolo T e il suo amico, dopo 5 minuti, mi hanno chiesto di poter muovere la calza con le mani.


Fine della partita di Pallacalza, inizio della partita di Calzagolf.

C'è un privilegio che chiunque, quando diventa genitore, perde definitivamente: quello di premere il pulsante dell'ascensore.
Noi abbiamo quasi smesso di stupirci per il gps, gli smartphone, i robot puliscipavimenti (no, io quello lo venero, ai limiti dell'idolatria) e i bimbi sono magicamente, meravigliosamente attratti da questa cabina che, al nostro comando, ci trasporta da un piano all'altro di una casa.



Dev'essere per questo che un libro come A che piano va?, edizioni Sinnos, incuriosisce così tanto i bimbi. O almeno, questo è l'effetto che ha avuto sul Piccolo T, che ha girato e rigirato le pagine alla scoperta di tutti i suoi personaggi.



Il protagonista di A che piano va? è proprio un ascensore: quello di un palazzo a sei piani, ognuno abitato da un animale diverso, con una sua personalità.
Il libro non ha una vera e propria storia, è più una simpatica rassegna di personaggi, dalla vanitosa signora Polpo ai romantici signori Piccione. Ognuno di loro, in ascensore, si comporta in modo diverso, e per ognuno di loro l'ascensore ha una diversa reazione.
E alla fine le pagine tornano su di lui: l'ascensore, con i suoi sogni e i suoi desideri.



A che piano va? è un libro curioso, bello da vedere con le sue illustrazioni simpatiche e i colori vivaci. È un libro adatto a bambini dai tre anni, ma anche per le prime letture autonome dei bimbi più grandi, grazie alle scritte in stampatello. Infine, è un libro che si presta al gioco: a scoprire i dettagli nelle illustrazioni (quante maniche hanno i cappotti stesi al sole della signora Polpo?), a fare indovinelli o piccoli esercizi con i numeri (chi vive al terzo piano? Quanti piani deve fare il canguro per andare a trovare il riccio?).
Non vale, invece, per insegnare ai bambini come funzionano i piani di un palazzo, perché nel libro non esiste il piano terra ma si parte direttamente dal primo (evidentemente in Estonia, paese degli autori, funziona così).

Ma a quello ci ho pensato io. Memore della casa di Barbie della mia infanzia (quella di cartone su due piani, non la villa di plastica che avevo sempre sognato. Però la mia aveva l'ascensore!) ho provato a costruire una semplice struttura, naturalmente partendo da una scatola.

Ecco cosa serve:
  • una scatola grande, tipo di stivali (è quella di cui avevo usato il coperchio per la pista magnetica)
  • una scatola di scarpe più piccola
  • ritagli di cartone vari
  • un po' di spago
  • carta e nastro adesivo colorati per decorare.


Misurate la profondità della scatola piccola e dividete con una striscia di cartone posta in verticale due spazi nella scatola grande: uno, largo quanto la profondità della scatola piccola, sarà il vano ascensore, l'altro conterrà i diversi piani.


Ritagliate e ripiegate i bordi della scatola piccola (l'ascensore) in modo che entri nella scatola grande senza sporgere dai bordi. Ripiegate i due piani formando delle alette laterali (serviranno ad incollarli) e ritagliate, nel cartone che delimita il vano ascensore, delle porte in corrispondenza di ogni piano.
Non incollate ancora nulla.


Fate scivolare l'ascensore fino al limite alto della scatola (ricordate di tenere l'apertura verso i vani interni) e con un punteruolo bucate scatola e ascensore, in modo che i fori corrispondano. Fate quindi passare uno spago che annoderete all'interno dell'ascensore. All'altro capo, fissate al filo un anellino.
Lo spago dovrà essere abbastanza lungo da permettere all'ascensore di percorrere tutta l'altezza della scatola.
No, non è ancora il momento di incollare.


Armatevi di carta colorata e washi tape e decorate tutto il vostro palazzo, delimitando i vani delle porte e i pavimenti, scrivendo il numero del piano sul vano ascensore.
Ecco: ora potete incollare tutto.
Che ne dite?


Basta tirare la cordicina per far salire l'ascensore al piano desiderato.
Il palazzo può essere una casa, ma anche un parcheggio per le macchinine.



Portata: qualche etto.
Capienza massima: testato per ora con due robot e un dinosauro.
In caso di emergenza, premere il pulsante rosso chiamare la mamma, come sempre.


"Quando è sveglio, lo tenga a pancia in giù, che gli fa bene."
Ve lo ha detto anche a voi, il pediatra?
Certo, ai neonati passare un po' di tempo a pancia in giù fa molto bene (solo da svegli! Si dorme solo a pancia in su: regola anti-SIDS!): aiuta a sviluppare i muscoli del collo e della schiena, a scoprire il mondo da una prospettiva diversa, ad avere più coscienza del proprio corpo e dei propri movimenti.

In inglese si chiama "Tummy time": un nome divertente che indica il tempo trascorso stando sulla pancia.



Sarebbe tutto fantastico, insomma, se non fosse che per molti bambini (due su due, nel mio caso) stare a pancia in giù ha un indice di gradimento superiore solo ai lavaggi nasali.

E allora servono idee, mezzi e trucchetti per farlo non dico piacere, ma almeno tollerare un po', questo tummy time. Ecco i nostri: armatevi di trapunta o tappetone a terra e provate anche voi.

Libri e giochini



Mettetegli davanti un libricino adatto alla sua età, in modo che sia stimolato ad alzare la testa per guardare e, guardando, si distragga dal fatto che è nella posizione che odia di più al mondo (in foto, uno dei libri del cofanetto "Animali"-"A spasso"-"Bebè"-"Facce", ma potete trovare altri suggerimenti su libri adatti ai primi mesi in questo mio post).
In alternativa, usate un giochino che gli piace particolarmente.

uno specchio



Eh, già: se ancora non ve ne siete accorte, avete partorito dei piccoli narcisi, che adorano rimirarsi allo specchio.
Prendetene uno portatile e piazzatelo davanti a lui. Se non ne avete di adatti, compratene uno: lo riutilizzerete quando gli insegnerete a lavarsi i denti.

La mamma


Tanto lo sapete che il suo giocattolo preferito siete voi, vero? E allora forza: stendetevi sulla trapunta vicino a lui e sfoderate il vostro miglior repertorio di sorrisi, bacini, canzoncine e rumorini.

Il "Mo'-ti-frego" tummy time



Il Piccolo D adora essere maneggiato e rigirato. E allora capita che... ops!... mentre gioco a farlo rotolare sul lettone o sulla trapunta, poi mi fermi proprio mentre è a pancia in giù, e aspetti qualche secondo più del solito prima di farlo rotolare di nuovo.
Oppure mentre lo cambio, sul fasciatoio, ci metto un po' più tempo del previsto ad allacciare i bottoni sul retro della tutina (ma che mamma imbranata!), e nel frattempo lo lascio a pancia in giù.
Inserire il "tummy time" nel mezzo di un'attività per lui piacevole lo aiuta a sopportarlo meglio. Basta poco per fregarli, a volte.

Il non-proprio-tummy time

 

Per allenare i muscoli e tutto il resto non è necessario che il bimbo sia proprio disteso sulla pancia. Si può alternare la posizione tanto odiata con altre, sempre a pancia in giù ma meno scomode. Ad esempio, appoggiandolo su un cuscino da allattamento (o un asciugamano arrotolato) avendo cura di mettergli le braccia oltre il cuscino, in modo che siano libere di toccare o afferrare qualcosa. Questa posizione delle braccia impedisce anche al bimbo di scivolare all'indietro. Sorvegliatelo sempre, perché non finisca con la faccia sul cuscino (in foto, il suo giochino preferito, un "coso multisensoriale" della Lamaze, che si può appendere anche al passeggino o alla maniglia interna della macchina, quella sopra il finestrino, per distrarlo durante i viaggi).



Il "non-proprio-tummy-time" può essere un modo per leggergli i libri (in foto, Gnam! A me piace..., di cui vi avevo parlato in questo post), e al cuscinone potete sostituire le vostre gambe, oppure la vostra pancia.

Non so nel vostro caso, ma la mia quanto a "effetto rotolo" non teme certo la concorrenza dei cuscinoni.


     
"Sbrigati! Dai, cosa aspetti? Siamo in ritardo!"
"Ancora un minuto solo, finisco questo gioco e arrivo."
Vi è sembrato di avere un déjà-vu? Da noi questa scena è parte integrante della routine quotidiana: sveglia, pipì, colazione, lavarsi e vestirsi, contrattare fino all'inverosimile per avere un minuto di gioco in più, mettersi le scarpe e uscire.

Sarà per questo che il protagonista di questo albo sta tanto simpatico ai bambini.



Il cavaliere Panciaterra è una lumaca. Pardon, un cavaliere lumaca.
E ogni giorno, quando si sveglia, sa che non c'è un minuto da perdere, perché deve andare in guerra!
Per questo, si prepara molto velocemente (ehm...) per uscire.

L'irresistibile ironia di questo libro, del geniale Gilles Bachelet, che non a caso ha vinto il Premio Andersen 2016 come miglior albo illustrato, sta nel contrasto tra il testo e le immagini: la "frugale colazione" del Cavaliere è in realtà un pasto pantagruelico, la "toeletta veloce" un bagno con tanto di paperette (anzi, paperlumache).



Una volta pronto, il cavaliere inizia il viaggio. Anzi, no.
Prima risponde a qualche lettera, poi dà un bacio a sua moglie e ai suoi piccoli... poi un altro. È il piacere di procrastinare.
Leggendo il cavaliere Panciaterra ci rendiamo conto che con le nostre "guerre" in fondo facciamo un po' anche noi come i nostri bimbi: guardiamo ancora un po' di Facebook prima di affrontare i panni da stirare, rimandiamo la sveglia prima di spegnerla, lasciamo per ultimo quel documento complicato da preparare in ufficio.
Il cavaliere Panciaterra non arriverà in tempo sul campo di battaglia, dove anche gli altri combattenti preferiscono fare altro, e rimandare la guerra ancora un po'. Mentre ci fa ridere, insomma, questo albo porta empatia tra genitori e figli: i piccoli vedono che a rimandare sempre non si fa più nulla, i grandi sorridono e pensano che in fondo, un minuto in più non può fare male a nessuno, se è speso con chi si ama.

L'altro aspetto straordinario di questo albo è la ricchezza delle illustrazioni, che non si limitano mai ad accompagnare i testi (in modo mai didascalico e banale, come abbiamo visto), ma inseriscono nuovi elementi e addirittura nuove piccole storie da scoprire, immaginandole dagli elementi a disposizione.


Analizando le immagini si scoprirà ad esempio che le lumache hanno i bruchi come animali da compagnia, si vedranno degli unicorni-lumaca, si intuirà uno scontro con tre briganti. I più grandi apprezzeranno anche le numerose citazioni: da quelle più quotidiane (il wall di Facebook) a quelle più colte (i mulini a vento di Don Chisciotte o la partita a scacchi ispirata al Settimo sigillo di Bergman).

Il cavaliere Panciaterra ha insomma tantissimi livelli di lettura, e sono certa che potrà accompagnarci per molti anni senza annoiare mai, regalando sfumature, storie e riflessioni diverse secondo l'età.

Noi, intanto, ci siamo fatti quattro risate con questo buffo e lento personaggio, e per giocare con lui abbiamo costruito la nostra personalissima

famiglia panciaterra.

Con una taglierina si preparano tante strisce di carta colorate.


Con la colla, si chiude un piccolo anello a una delle estremità (la testa) e si avvolge l'altra estremità su una penna o uno stuzzicadenti, in modo da creare una spirale.


Infine si disegna il viso e si attaccano altre due striscioline per fare le corna.


Fate vedere una volta come si fa, poi fate fare al vostro bimbo.


Ogni strisciolina può essere decorata con i colori prima di essere incollata e avvolta, per creare tanti Panciaterra uno diverso dall'altro.

E poi? Bisogna sbrigarsi e uscire?
No: poi si gioca tutti insieme con la famiglia Panciaterra, facendosi più coccole possibile. Perché la morale è chiara:
"ci sono moltissime cose che si possono rimandare all'indomani, ma sicuramente non un bel bacio bavoso".




 
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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