Nuvole in scatola
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Mettete via seghe a traforo, vernici speciali, ago, filo (no, ago e filo non ve li ho mai fatti tirare fuori, è impossibile: non li so usare nemmeno io!).

Questa volta vi propongo un'attività facile facile, a prova di mamme svogliate, stanchissime, prive di risorse (non so voi, ma io a questa categoria sento di appartenere spesso).

Gli ingredienti sono solo due: un bellissimo libro per bambini e il didò.


Cominciamo dal primo: è Piccolo blu e piccolo giallo (link affliato) di Leo Lionni, edito da Babalibri.
Un libro che non avrebbe bisogno di recensioni o presentazioni, ma già che ci siamo, ve ne parlo lo stesso.
È la storia di Piccolo Blu e Piccolo Giallo, due amici che giocano assieme e che a un certo punto si perdono. E quando si ritrovano sono talmente contenti che si abbracciano, ma si abbracciano così forte da diventare verdi.


La storia continua, perché poi né mamma e papà Blu né mamma e papà Giallo riconoscono i loro piccoli così conciati, e loro troveranno infine il modo di dividersi, ma non è questo il punto fondamentale del libro.
La magia sta invece nei disegni così semplici e nella fortissima componente simbolica.
Personaggi e ambienti sono solo macchie di colore, e il bambino deve trasformarli con l'aiuto della propria fantasia, ricreando quello che non c'è (le espressioni, i dettagli) e sviluppa così una capacità fondamentale per un piccolo lettore: quella di visualizzare una scena a partire da una descrizione.
È come imparare a leggere una storia prima di saper leggere.

E la vera magia è che un bambino ci riesce davvero!
Il Piccolo T ha adorato questo libro fin dalla prima lettura e non c'era dubbio che fosse in grado di capire che quel pallino blu e quel pallino giallo erano i personaggi, i protagonisti della storia.

Un po' più difficile, invece, spiegare a un duenne il perché del cambio di colore. Ed ecco l'attività facile facile che ho inventato per dimostrare

come piccolo blu e piccolo giallo diventano piccolo verde.


Un solo ingrediente: il didò. Potete comprarlo o farvelo da soli con la ricetta che vi ho dato qualche tempo fa.



Con il didò giallo e blu abbiamo ricreato le due famiglie  dei protagonisti, poi abbiamo fatto rimbalzare qua e là Piccolo Blu e Piccolo Giallo per farli giocare come nella storia del libro.

Infine, li abbiamo fatti abracciare forte, fortissimo, forse un po' oltre il limite di quello che normalmente si ritiene lecito in un abbraccio amichevole (insomma: li abbiamo manipolati fino a farne un'unica pallina di didò) ed ecco la magia: Piccolo Blu e Piccolo Giallo si sono trasformati in Piccolo Verde!


Il gioco è piaciuto tantissimo al Piccolo T, che come vedete qui a destra ha deciso di promuovere gli abbracci tra tutti i componenti delle due famiglie Blu e Giallo.
Risultato: abbiamo quasi esaurito il didò blu e quello giallo in casa, ma se per caso vi serve del didò verde, ne abbiamo a pacchi!



La mia vita è cambiata il giorno in cui ho scoperto l'esistenza della vernice magnetica e della vernice lavagna.
 Ok, forse sto esagerando, ma in quel momento la mia mente è vagata alla ricerca di tutte le cose della mia infanzia che sarebbero potute essere molto più divertenti, se avessi potuto trasformarle in lavagne magnetiche per scriverci e attaccarci tutto quello che volevo.

Sì, perché la vernice lavagna si può anche usare sopra la vernice magnetica per ottenere (ma va'?) una lavagna magnetica!

In quei giorni il Piccolo T voleva che gli cantassi a ripetizione La bella tartaruga di Bruno Lauzi, una delle mie canzoni preferite di quando ero piccola:


E da lì ho preso spunto: perché non trovare il modo di rappresentare quello che succede nella canzone, in modo da rendere più chiaro cosa sia "un bosco di carote"?

Nella mia testa risuonavano le parole "vernice lavagna vernice lavagna vernice lavagna", e in un ripostiglio avevo un pezzo rettagnolare di truciolato che non so bene da dove arrivasse. Ed è così che mi sono inventata

La lavagna delle storie.

L'elenco completo dei materiali non ve lo metto, perché ogni storia che si rispetti è fatta prima di tutto di fantasia, ma diciamo fondamentalmente vi serviranno:
  • una base di compensato, truciolato o cartoncino spesso
  • vernice magnetica
  • vernice lavagna
  • nastro adesivo magnetico
  • materiali leggeri (carta, spugna, cartoncino, feltro, ecc) per ambiente e personaggi.

Ed ecco come ho fatto: per prima cosa, ho steso tre mani incrociate di vernice magnetica e due di vernice lavagna. Quest'ultima, anziché nera, l'ho scelta blu, perché potesse sembrare un cielo o un mare.

 
Dopodiché, ho creato lo scenario ritagliando l'erba da una striscia di feltro. Ai bordi della striscia (lasciando libero quello superiore) ho attaccato un po' di nastro magnetico per fissare il prato alla lavagna.

Per le nuvole, ho attaccato del cotone su un cartoncino azzurro.

La tartaruga, invece, è nata da un "guscio" ritagliato nel compensato (col traforo manuale: ancora non avevo il mio ultimo regalo di Natale!) e dipinto di marrone, e un corpo ritagliato da una spugna da cucina. Ho poi decorato il muso con un occhietto mobile e il guscio con dei ritagli di carta.
Mi piaceva l'idea che si sentissero le consistenze diverse della tartaruga: la corazza dura e il corpo morbido.

Dietro nuvole e tartaruga ho poi incollato (aggiungendo un po' di colla: da solo non reggeva molto) il nastro adesivo magnetico. Infine ho infilato nel prato tante carotine di cartoncino colorato e ho disegnato il sole con il gesso giallo.


Ma questa lavagna non è fatta per raccontare una sola storia, ne deve contenere tantissime!
E allora ecco come, con una base di pluriball e tanti pesci ritagliati nella spugna, il prato della tartaruga si trasforma in un mare pieno di pesci.


E perché non usare del cotone per costruire un paesaggio innevato?
O creare una bella spiaggia incollando la farina gialla su una striscia di carta?












Prima di inventarsi nuove storie, però, meglio far capire bene alla tartaruga quanto sono buone quelle carotine (si deciderà a mangiarle anche il Piccolo T, in questo modo?).



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Mio nonno faceva il falegname.
Ho passato parecchi pomeriggi nella sua bottega, a respirare il profumo della segatura e giocare alle costruzioni con la Vinavil e i ritagli di legno scartati dai suoi lavori.

Ma no, non è questo il motivo principale per cui lo scorso Natale, alla domanda "che regalo vuoi?", anziché sbizzarrirmi chiedendo vestiti, scarpe o cene fuori ho risposto "una sega da traforo".




No, la colpa è principalmente di Giulia di Briciole e Puntini, mia collega per qualche mese e abilissima crafty blogger, che mi ha cantato le lodi del Dremel Moto Saw. E così eccolo comparire sotto il mio albero di Natale, in attesa solo di un'idea per utilizzarlo.

E l'idea mi è arrivata presto, quando ho letto al Piccolo T Il Pinguino Verde (link affiliato) di Valentina Muzzi (Sinnos Editore).

La storia è di quelle già raccontate mille volte, e che anche alla milleunesima riescono a commuovere.
Un pinguino sogna di vivere altrove, di poter diventare un re nel regno delle rane.
Lascia la sua terra e il suo vestito nero, sceglie un bel vestito verde brillante, e parte all'avventura.
Le rane lo accettano e giocano con lui, ma il pinguino, per quanto ci provi, non è capace di saltare come loro, così  capisce che non potrà mai essere una rana.
Torna tra i ghiacci e tra i suoi amici (o da "mamma e papà", come spiega ogni volta il Piccolo T, indicando i pinguini, quando gli leggo la storia). È diverso da loro, con quel vestito strano: "Un pinguino verde non si era mai visto. Ma chi se ne importa: quello era il suo posto".
Una storia in rima, semplice e universale, che il Piccolo T conosce già a memoria. Ci sono gli animali che piacciono ai bambini e il tema della ricerca della propria vera casa, che commuove i genitori.


Anche i disegni, che riprendono la tecnica del collage, sono originali e accattivanti. Se proprio ci devo trovare un difetto, ecco (e chi mi conosce confermerà che sì, se c'è un difetto io lo devo trovare), penso che le rime si sarebbero potute studiare meglio, perché tre pagine di seguito scritte tutte con i finali in "are" (brillare, giocare, saltare, provare, ancora provare, fare) tolgono un po' di musicalità e di stupore alla lettura.

Nonostante questo, resta uno dei libri preferiti del momento del Piccolo T, e uno di quelli che gli leggo più volentieri, forse perché un po' in quel pinguino, che non sa accontentarsi di quello che è, mi ci riconosco anch'io.
Ed è per questo che ho voluto inaugurare il mio Dremel MotoSaw realizzando

il pinguino nonsoloverde.

Prima di tutto: non spaventatevi. Se il progetto vi piace, ma non avete una sega a traforo, o un seghetto da traforo manuale e tanto olio di gomito, il cartoncino andrà benissimo.
Forse il pinguino non starà in piedi, ma potrete crearlo e vestirlo allo stesso modo.

Veniamo alle istruzioni.

1. Prima di tutto, dovete disegnare un pinguino. Non sapete come fare? Se vi piace il mio, ecco uno splendido pdf stampabile tutto per voi!


2. Riportate i bordi sul compensato (o sul cartoncino).

3. Ritagliate tutti i pezzi, compreso (in un pezzetto di compensato a parte) il becco.

4. Levigate i bordi, dipingete becco e zampe di arancione e incollateli. Dipingete anche gli occhietti neri al pinguino.
Per dare più stabilità alle zampe, le ho fissate al corpo con dei chiodini, aiutandomi con del nastro adesivo per tenere il pezzo al suo posto mentre martellavo.

Avete ottenuto così un bel pinguino nudo. E i vestiti? Semplicissimo.

5. Ritagliate la sagoma (la trovate sempre nel mio pdf stampabile) su un pezzo di feltro, di stoffa, di cartoncino resistente, di quellochevoletevoi.
Fate prima una prova con della carta, perché lo spessore del materiale con cui è fatto il pinguino potrebbe influire sulla forma e la posizione dei buchi per le ali.

6. Aggiungete due quadratini di velcro per chiudere l'abito e iniziate la sfilata!

 

Oltre al classico abito nero, di rigore per qualsiasi pinguino che si rispetti, e al vestito verde che tanto piaceva al pinguino del libro, ne abbiamo preparato uno arancione (un po' demodé, ma al Piccolo T piace tanto. Uomini!) e uno azzurro a cui, con la colla glitter, ho aggiunto bordino, bottoni e taschino.
Chissà che anche al Polo non ci sia qualche occasione mondana: meglio essere pronti.

Avete presente quei giorni in cui non sapete più come giocare con i vostri bimbi piccoli? Quando avete finito tutte le canzoncine, gli scherzi e le pernacchiette, e i 174 giocattoli regalati dai nonni stanno lì, in una scatola, completamente ignorati?

Ecco, la soluzione potrebbe essere la bottiglia.

Lo so, ci avete pensato anche voi: attaccarvi a una bottiglia di un buon superalcolico e ignorare il pupo, ma no, non è questo che intendevo.

Volevo invece parlarvi di un'idea semplice semplice e molto famosa per intrattenere i più piccoli, in quell'età (dai sei mesi all'anno, diciamo) in cui gli stimoli sensoriali sono uno degli strumenti di gioco e di esplorazione più importanti:

le bottiglie sensoriali.

Di bottiglie sensoriali (o sensory bottles in inglese) ce n'è un'infinità, tante quante la vostra fantasia ne possa concepire. Anch'io ne ho sperimentate diverse.
Quelle che hanno avuto più successo con il Piccolo T sono state due: la bottiglia "elettrica" e la bottiglia "glitterosa". Eccole qua.


Per la bottiglia "elettrica":
  • una bottiglia (ovviamente) di plastica da mezzo litro 
  • riso
  • stagnola
  • colla a caldo.
Facile facile: versate qualche manciata di riso dentro la bottiglia.
Preparate tante piccole palline di carta stagnola (poco più grandi di un chicco di riso) e infilateci dentro anche quelle.
Chiudete la bottiglia sigillandola con colla a caldo (un'amica mi faceva notare che sarebbe meglio fare attenzione a non lasciar fuoriuscire la colla a caldo, che potrebbe avere qualche componente tossica. Naturalmente io non sono stata così attenta. Piccolo T comunque sembra star bene. Per ora).

Questa bottiglia piace un sacco perché fa un bel rumore quando viene agitata.
In più le palline di stagnola, oltre ad essere divertenti da vedere, restano per un po' appiccicate alle pareti in modo buffo, a causa dell'elettricità statica, suscitando la curiosità dei bimbi.

Per la bottiglia "glitterosa":
  • una bottiglia (ma va'?) di plastica da mezzo litro
  • acqua
  • detersivo per piatti
  • glitter
  • cannucce colorate
  • colorante alimentare
  • colla a caldo.
Vedi sopra, ovvero: infila tutto nella bottiglia e chiudi con la colla a caldo.
Il detersivo serve a dare più viscosità all'acqua (così il glitter resta sospeso più a lungo, con un effetto "palla con la neve") e crea anche una bella schiumetta quando la bottiglia viene agitata.
In più le cannucce "nuotano" un po', per poi tornare a galla, sul pelo dell'acqua ma sotto la schiuma.
È tutto un gioco visivo di movimenti, luci e trasformazioni.

Questa sensory bottle può anche avere la funzione di barattolo della calma: durante le crisi di pianto o i forti capricci dei bimbi, la vista dei brillantini sospesi nell'acqua pare aiuti a placare l'agitazione dei bimbi.
Quasi quasi la provo anche con qualche adulto di mia conoscenza. Non si sa mai.
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Astenersi aracnofobici.
Anzi, no. Chissà che leggere un bel libro sull'amicizia con un ragno non faccia superare anche qualche paura (il che, vivendo in campagna, può essere utile).

Ma non è questo il motivo per cui, durante la nostra ultima incursione in biblioteca, ci siamo portati a casa Amico ragnolo (link affiliato), di Fatatrac.
La verità è che sia io che il Piccolo T ci siamo innamorati delle illustrazioni, della faccia irresistibile dei due protagonisti.





Ai miei tempi c'era il Pongo.
Era divertente, creativo, colorato, e serviva il bicipite di Arnold Schwarzenegger (versione pre-governatore della California) per giocarci.

Poi, appena ho superato l'età entro la quale è socialmente accettabile giocare col Pongo, ecco che si inventano il didò.
Divertente, creativo, colorato e finalmente morbido da lavorare.

Ecco un'altra di quelle cose che "Non vedo l'ora di avere un figlio per..."!
Solo che il giorno in cui mi è venuta l'illuminazione ("Ehi, ADESSO è quel momento in cui posso avere la scusa per giocare col didò!") era domenica, pioveva e di voglia di andare a cercarmi un negozio che lo vendesse proprio non ne avevo.

Come sempre, mi è venuto in soccorso San Google, e trovata la ricetta giusta mi sono detta:

il didò lo faccio io.


Gli ingredienti:
  • 1/2 tazza di sale fino (frullatelo se volete una pasta più "liscia")
  • 1 tazza di farina
  • 3/4 di tazza di acqua
  • 1 cucchiaino di olio di semi
  • 1 cucchiaino di cremor tartaro (cremor che? Diranno i miei piccoli lettori. Be', è un agente lievitante e lo trovate al supermercato nello scaffale degli ingredienti per dolci. Ci potete fare anche una goduriosissima chiffon cake come questa, che mi ha fatto scoprire la mia amica Letizia).
  • colorante alimentare
  • qualche goccia di aroma di vaniglia.
L'aroma di vaniglia è facoltativo ma rende molto più piacevole poi giocare col didò.
Potete ovviamente sostituirlo con qualsiasi altro aroma: in rete girano fantastiche ricette di paste da modellare "tematizzate", ad esempio con la cannella per il Natale o con il limone per l'estate (idea polisensoriale: perché non mettere a ogni colore un profumo diverso?).


Come fare:

Mescolate tutti gli ingredienti tranne il colorante, cuocete a fuoco basso in un pentolino antiaderente, mescolando continuamente, finché l'impasto si stacca dalle pareti e diventa una palla (bastano pochissimi minuti).
Lasciatelo riposare per qualche minuto, coperto da una ciotola, poi lavoratelo un po' con le mani, dividetelo in palline e aggiungete ad ognuna il colorante che preferite.
Il bello è che se lo chiudete bene in un contenitore, e magari avvolgete le singole palline in una bustina di plastica in modo che prendano meno aria possibile, si conserva in frigo per qualche mese.

Ed, ora, fate divertire i vostri bimbi e create con loro draghi, pupazzi, treni, castelli e...
no, per i primi tempi è meglio abbassare un po' le aspettative.

Il Piccolo T, ad esempio, ha passato alcune settimane ordinandomi di fare delle palline e divertendosi a schiacciarle una per una col palmo della mano.
Finché gli ho insegnato a formare i bruchi con le palline verdi (che facevo rigorosamente io) mettendole una dietro l'altra.
Alla fine il bruco faceva la stessa fine delle prime palline.

Ma chisseneimporta: finalmente ho potuto iniziare a giocare col didò!
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Si dice che un bravo genitore debba lasciare libero il figlio di seguire i propri interessi, senza imporgli i suoi.
Lo si dice prima di diventare genitori, ovviamente. Perché poi diventa ovvio che l'inclinazione naturale di ogni bambino è piazzarsi sul divano e guardare Peppa Pig.

Insomma, non so se è corretto o no, ma la mia passione per i libri ci tengo a trasmetterla, al Piccolo T.  E per farlo, a volte mi piace trasformare un libro in un piccolo gioco.


Il Libro Cane (link affiliato), a dire il vero, è già un libro-gioco. È un gioiellino di minibombo, una piccola casa editrice con pochi titoli, ma tutti originali, creativi e improntati all'interazione con il piccolo lettore.

Si inizia dando un nome al libro (il Piccolo T ha scelto Pepe, come il cane dei nonni), poi, seguendo le indicazioni sulle pagine, lo si chiama per svegliarlo, lo si accarezza, gli si danno degli ordini e si gioca con lui.

Quando vedo il Piccolo T che scuote il libro urlando "Pepe, sveglia!" non riesco a trattenermi dal ridere, e mi commuovo anche un po'.
La sua parte preferita è quella in cui deve tirargli la pallina, e il Libro Cane la rincorre per un paio di pagine.
Insomma, se non si fosse capito, questo libro lo adoriamo tutti e due. (oh, no! È quasi ora di restituirlo alla biblioteca!).


 

Con un libro che è già un gioco, cosa mi potevo inventare?
In questo periodo sto facendo scoprire le forbici al Piccolo T, così ho pensato a un'attività di taglio semplice semplice:

La pappa del libro cane.

Ho preso del cartoncino arancione, ho disegnato una ciotola in due pezzi e li ho ritagliati. Ho lasciato i bordi neri del pennarello, perché così mi sembrava tutto più "fumettoso". Ho colorato il lato interno per dare il senso di profondità e poi ho incollato i due pezzi uno sopra l'altro, lasciando libero e leggermente sollevato il lato superiore in modo da formare una tasca.

Poi è arrivato il momento del Piccolo T: gli ho dato le forbici (che ancora non ha imparato a usare con una mano sola!) e ho preso una piccola striscia di carta marrone, chiedendogli di ritagliare i croccantini per il Libro Cane.
Finite due striscette, gli ho chiesto di riempire le ciotola e di svegliare il libro per dargli la pappa.


Il nostro Libro Cane ha apprezzato molto!

Con la scusa di un figlio, dicevo, ho riscoperto le scatole.

No, non nel senso delle rotture delle suddette, proprio nel senso delle scatole di cartone, quelle delle scarpe, degli elettrodomestici, dei pacchi di libri che arrivano da Amazon.

Questa, ad esempio, era la scatola del mio microonde.
Ed è stato anche il primo gioco che ho costruito per il Piccolo T.


Siete capaci di chiudere una nuvola in una scatola?
Se avete risposto sì, probabilmente non avete più di 10 anni. Oppure avete un figlio.

Con la scusa di un figlio ho riscoperto che una scatola può contenere bacini, elefanti, promesse, grida di pellerossa, castelli, scuse e macchine da corsa.
E anche nuvole, naturalmente.
E le nuvole, si sa, hanno dentro tutte le storie del mondo.
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Eccomi

Copywriter e anche un po' account, co-autrice di fumetti, dilettante (ma appassionata) del fai da te, navigatrice compulsiva, divoratrice di libri e di serie TV. Divido la casa con un marito, tre figli e parecchi gatti di polvere.

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