Kant e l'oritteropo.

Che senso ha nascondersi se nessuno ti cerca?
Cos'ĆØ che ci rende diversi dagli altri, e cosa uguali?
Cosa significa "ieri"? E "domani"?


Non sono animali come tutti gli altri, i protagonisti di Storie di animali per quattro stagioni. Pur nelle loro caratteristiche, tipiche della specie di ognuno, sono personaggi umani, molto umani, e non solo perchĆ© hanno case con porte e scale e servizi da tĆØ e forni per cuocere torte.
Di antropomorfo, questi animali, hanno soprattutto i pensieri.

L'olandese Tool Tellegen li tratteggia con personalitĆ , fragilitĆ , introspezioni e ossessioni piĆ¹ umane che mai.
Storie di animali per quattro stagioni, edito da Sinnos, ĆØ una raccolta di storie brevi (due-quattro pagine l'una), ognuna delle quali vede come protagonista un diverso animale del bosco (un "bosco" in senso lato, perchĆ© vi troviamo anche dromedari, leoni e rinoceronti: ĆØ piĆ¹ un luogo delle favole che un habitat vero e proprio).
Ogni brano rappresenta uno spaccato di vita o di riflessioni del protagonista, a volte anche privo di una vera e propria trama narrativa classica (i finali sono quasi tutti sospesi). Quello che spicca, in tutti, ĆØ l'originalitĆ  del pensiero, l'introspezione, la descrizione di ognuno.


L'oritteropo ama nascondersi, ma prima prova ad urlare per chiedere se qualcuno lo sta cercando, perchƩ non ha senso non farsi trovare se nessuno ti cerca.
Il millepiedi conta ossessivamente le proprie zampe, perchĆ© non ĆØ sicuro che dovrebbe chiamarsi proprio cosƬ, e il suo senso dell'identitĆ  va in crisi.
Il dromedario incontra il cammello ed entrambi, guardandosi le rispettive gobbe, riflettono su uguaglianza e diversitĆ .
L'effimera vive un giorno solo, e quando riceve un invito per "domani" non capisce cosa significhi.

E poi ci sono feste, tante feste, perchƩ agli abitanti del bosco piace molto festeggiare, ma ognuno a modo suo: torte di fango per talpe e lombrichi, feste volanti per la rondine, che non si posa mai.

Le storie non hanno una morale, sembrano a volte sorridere di certe ossessioni degli animali (o di noi umani?), sicuramente inducono nel lettore pensieri, riflessioni e qualche sorriso su tante nostre debolezze, fissazioni o atteggiamenti che diamo per scontati.

Le stagioni di cui parla il titolo, che potrebbe erroneamente far pensare a racconti bucolici e tradizionali stile Boscodirovo, sono in realtĆ  soltanto lo sfondo in cui si muovono questi personaggi modernissimi e ricchi di sfaccettature.


Originale e in qualche modo straniante ĆØ anche il rapporto tra testo e illustrazione, sia per struttura grafica che per contenuto. Ogni racconto ĆØ racchiuso in box chiari che poggiano su un'illustrazione ricchissima.
Sylvia Weve utilizza un codice visivo che richiama generi diversi, dai trattati scientifici alle geometrie impossibili di Escher, usate soprattutto nelle storie piĆ¹ surreali.


Il racconto visivo ĆØ racchiuso in una tavola unica, dove coesistono il prima e il dopo, e il protagonista ĆØ moltiplicato per essere mostrato nelle diverse azioni che compie.

Paricolari notazioni aggiungono appunti, dettagli e nozioni scientifiche che sono un extra rispetto alla narrazione.

Le storie sono all'apparenza slegate l'una dall'altra, ma a volte alcuni personaggi ritornano, riportando alcuni dettagli della loro storia in quella di altri, come quando lo struzzo e altri animali, infilando la testa sotto la sabbia, finiscono nella tana della talpa e del lombrico.


E cosƬ, Storie di animali per quattro stagioni non ĆØ mai uguale a se stesso, saltellando con curiositĆ  tra pensieri esistenziali, dubbi lessicali, misteri, fissazioni e strane abitudini.

Il mio personaggio preferito? Certamente l'orso, che si prepara per l'arrivo di qualche ospite cucinando torte, e quando poi le taglia a fette non riesce a far corrispondere le fette al numero di ospiti, e con questa scusa se le mangia e ne cucina di nuove.


Le immagini che accompagnano questa storia sembrano fatte apposta per parlare di frazioni.
E cosƬ ho colto la palla al balzo per creare

il gioco delle torte frazionate.


Per giocare servono:
  • una tabella con quattro posti-torta per ogni giocatore
  • tante torte divise in mezzi, terzi, quarti, quinti e sesti.
  • due dadi.
Tabella e torte potete trovarle nel mio pdf stampabile.


A turno, ogni giocatore lancia i due dadi: quello con il numero piĆ¹ alto farĆ  da denominatore, il piĆ¹ basso farĆ  da numeratore. Il giocatore prenderĆ  tante fette di torta quante indicate dai dadi.
Ad esempio, se i dadi fanno cinque e due, la frazione corrispondente sarĆ  2/5, quindi il giocatore potrĆ  prendere due fette da 1/5.

Se dai dadi escono due numeri uguali, il giocatore puĆ² prendere una fetta a scelta (o, se preferite una partita piĆ¹ veloce e piĆ¹ "filologicamente" corretta, puĆ² prendere una torta intera).

Variante (piĆ¹ lenta) con un solo dado: il dado indica solo il denominatore, mentre il numeratore ĆØ sempre uno, quindi il giocatore prenderĆ  una fetta per volta (da 1/2 se esce 2, da 1/3 se esce 3 e cosƬ via).

Le fette possono essere combinate a proprio piacimento e spostate durante la partita, cosƬ una torta portƠ essere composta da due metƠ, ma anche da una metƠ e tre sesti, o una metƠ, un terzo e un sesto, eccetera.

Vince chi completa per primo tutte e quattro le proprie torte.


In questo modo, sarĆ  piĆ¹ divertente prendere confidenza con il valore delle frazioni e le loro equivalenze.
Anche se il metodo dell'orso resta sempre il mio preferito.


0 commenti